Se c’è una parola che ultimamente agita il sonno di sindaci e governatori di Puglia e Basilicata, quella è “giunta”. La composizione degli esecutivi sta mettendo a dura prova i leader e le loro coalizioni. Per comprenderlo basta riflettere sul tempo impiegato per la nomina degli assessori a Lecce, Bari e Potenza.
Nel primo caso, Adriana Poli Bortone è riuscita a trovare la quadra soltanto nel pomeriggio di ieri, dopo 17 giorni scanditi prima dalla gioia per la rielezione, poi da estenuanti trattative con gli alleati e infine da pericolosi muro contro muro. Il risultato è un esecutivo che nasce tra tensioni e delusioni. A Bari e a Potenza stanno messi persino peggio. Nel capoluogo pugliese, il neo-sindaco Vito Leccese attende di conoscere l’esatta composizione del Consiglio, prima di nominare gli assessori comunali.
Questione dirimente perché è proprio sulla base degli scranni occupati dalle varie forze politiche che Leccese deciderà quanti e quali posti assegnare alle forze che, il 24 giugno scorso, hanno garantito la sua elezione. Intanto, però, fuori dalla sede comunale ci sono progetti che vanno conclusi, periferie che languono, una città che scalpita. Lo stesso dicasi per Potenza dove, a quasi venti giorni dal voto, l’unica certezza è la proclamazione del sindaco Vincenzo Telesca.
Se i Comuni “piangono”, le Regioni non ridono. In Puglia il mini-rimpasto è rallentato dalla faida interna al Movimento Cinque Stelle dove sono almeno tre gli esponenti che ambiscono al ruolo di assessore. E questa situazione di stallo si riflette sulla nomina dei capi dei vari Dipartimenti che sono legati agli assessorati e che rappresentano i gangli vitali della macchina amministrativa. Caso limite, poi, è stato quello della Basilicata. Il governatore Bardi ha impiegato quasi tre mesi per definire un esecutivo che placasse la fame di poltrone delle varie componenti della coalizione. E mentre il centrodestra giocava col manuale Cencelli, le aziende agricole erano alle prese con una crisi idrica senza precedenti durante la quale la presenza di un assessore all’Agricoltura avrebbe fatto comodo.
Tutto ciò dimostra quanto i tempi della politica siano disallineati rispetto a quelli delle aspirazioni e dei problemi delle comunità. Mentre i leader e le coalizioni sono impegnati nelle loro liturgie, il tempo trascorre, le emergenze si incancreniscono e gli elettori si allontanano da una politica percepita come autoreferenziale e inconcludente. E ciò è tanto più evidente nell’epoca del “frontismo”. Oggi assistiamo, da una parte, a un centrosinistra che tenta di ricostruire il campo largo nella convinzione che sia questa l’unica strategia per vincere e, dall’altra, a un centrodestra che rivendica il merito di aver costruito un’alleanza più o meno solida e credibile in tempi non sospetti. Dopo il successo elettorale, però, ciascun fronte finisce per “impantanarsi” nel primo banco di prova, cioè quello della composizione della giunta, rivelando tutta la propria inconsistenza. E se le coalizioni non sono in grado di trovare soluzioni al proprio interno, come faranno a individuarle per sciogliere i nodi che legano città e Regioni? Solo il tempo lo dirà. E stavolta non sarà troppo lungo.
Bentornato,
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