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I feudatari del terzo millennio e i pericoli per la democrazia

La questione dei dazi americani tiene banco. Donald Trump non annuncia misure restrittive solo per Cina, Canada e Messico, i suoi obiettivi strategici a breve tempo, ma si spinge oltre incurante delle ripercussioni che una tale decisione possa avere sull’economia non solo dei paesi obiettivo ma anche sulla stessa America.

Le parole espressa da Xi Jinping non sono chiare, una misura restrittiva a livello economico non colpirà solo la Cina, ma avrà effetti anche per l’America. Non hanno mai avuto l’esito atteso le restrizioni economiche in un mondo sempre più globalizzato. Sembra chiaro come il gioco sia quello di isolare sempre più l’America in un protagonismo solitario sullo scacchiere internazionale, soprattutto se si pensa all’azione intrapresa contro la Groenlandia che ha generato la mossa della Nato in pronta risposta elle minacce americane.

Trump non solo ha deciso di dichiarare la guerra economica nei confronti dei suoi nemici commerciali, ma allo stesso tempo ha intrapreso una campagna di epurazione interna contro coloro che si sono schierati contro di lui nel processo che lo ha visto protagonista.

Un errore quello di penalizzare l’economia per un determinato fine politico.

Le restrizioni attuate dal governo Trump potrebbero rivelarsi deleterie, ma soprattutto per la stessa America. Non a caso il presidente Sergio Mattarella, intervenuto all’inaugurazione dell’Università di Marsiglia, non è stato affatto rassicurante, interpretando senza mezzi termini quello che sta accadendo.

Si assiste al riaffacciarsi dello spettro delle “sfere di influenza”, uno dei mali del ventesimo secolo, l’ingresso sulla scena di “neo-feudatari del terzo millennio”.

Oggi come negli anni ’30 del secolo scorso “anziché la cooperazione, a prevalere fu il criterio della dominazione” che hanno distinto l’azione tedesca nel progetto del Terzo Reich e che oggi ha mosso la Russia contro l’Ucraina, che potrebbe muovere la Cina contro Taiwan, l’America contro Groenlandia, Panama e non per ultima la striscia di Gaza.

Attraverso una lezione magistrale di storia, il presidente Sergio Mattarella ha ricordato l’abbaglio che fa vedere i regimi dispotici, autoritari e illiberali, efficaci per la tutela degli interessi nazionali. A preoccupare è la defezione nei confronti della Società delle Nazioni avvenuta nel secolo scorso da molti stati prima della Grande Guerra e ora annunciata dall’America nei confronti del Consiglio dell’Onu per i diritti umani.

Il dialogo e la cooperazione cedono il passo all’isolazionismo e al protezionismo in una corsa solitaria all’autoaffermazione di interessi nazionali.

Fu proprio questa “spirale di protezionismo, di misure unilaterali, con il progressivo erodersi delle alleanze” a dare spazio a movimenti nazionalisti e a regimi autoritari in Europa.

Oggi come allora la comunità internazionale appare divisa e poco preparata ad affrontare la vera crisi che si sta affacciando, non quella di una singola area locale ma una crisi globale capace di coinvolgere tutti i paesi da oriente fino ad occidente in una corsa neo imperialista incapace di leggere con attenzione l’insegnamento della storia.

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