Assume un doppio significato simbolico il funerale del Papa. Da un lato una folta coltre di fedeli pronti a dare il proprio umile e mesto saluto al Papa, venuto dalla fine del mondo, e dall’altro i potenti, quelli che la fine del mondo la stanno costruendo lentamente attraverso le proprie scelte scellerate incuranti delle conseguenze catastrofiche che una guerra mondiale, in realtà già in atto, potrebbe portare.
Coloro che contano, potremmo definirli, una minoranza, come quella che durante gli anni della rivoluzione francese erano ricchi di privilegi e in grado di far sentire il peso del proprio voto al 98% del popolo, formato per lo più da gente della media e bassa borghesia.
Il popolo non ha potuto avere un posto a sedere, in alcuni casi non ha potuto prestare il proprio ultimo commiato al primo degli ultimi, al proprio Papa, che per mostrare la propria umiltà ha scelto di farsi seppellire all’interno di una semplice bara di legno, con a dosso un paio di vecchie scarpe nere. Il popolo, non può determinare guerre, non può decidere di uccidere e massacrare donne e bambini in modo indiscriminato, lo stesso popolo è stato silente, in piedi ad assistere all’omelia e in alcuni casi non ha potuto parteciparvi. Ma quel popolo umile e umiliato rappresenta il vero volto dell’umanità, di quella umanità ben interpretata dal pontefice.
Si è assistito, quindi, a due funerali: quello dei potenti e quello degli umili. I potenti in prima fila, seduti innanzi al feretro e gli umili in piedi attorno a San Pietro. Da un lato il Papa ha saputo unire attorno a sè migliaia di persone accorse da tutto il mondo per il tragico evento e dall’altro ha posto gli uni vicino agli altri i potenti della terra ad eccezione di alcuni, come nel caso del Presidente Russo Putin, sul quale pesa un mandato di arresto internazionale.
La foto del presidente americano Donadl Trump seduto di fronte a Zelensky rappresenta la cornice emblematica del valore politico che ha assunto la cerimonia funebre. Due leader che si parlano in un faccia a faccia all’interno della chiesa di san Pietro, segno simbolico del potere conciliativo che la stessa Chiesa cattolica ha assunto sulla scena politica internazionale. Un funerale che ha assunto un doppio significato: quello della cerimonia funebre di un Papa, chiamato a portare avanti la parola di Dio attraverso il suo impegno ecclesiastico, guidando la Chiesa cattolica, e quello di un rappresentate religioso che aveva nelle sue mani il potere conciliativo del mondo laico attraverso la mediazione nei conflitti che stanno insanguinando tutto il mondo.
Non è stato, quello di Papa Francesco, un mandato semplice, complicato digerire per una certa parte della Chiesa cattolica, l’apertura sociale e politica del Papa, spesso in contrasto con alcune posizioni conservatrici. Uno strappo tra il pontefice e il resto della Chiesa, segnato da quella scelta di farsi seppellire nella nuda terra seguendo l’insegnamento di san Francesco D’Assisi.
Ora la riunione del Conclave dovrà scegliere il suo successore. Un compito arduo. Quando venne eletto papa Wojtyla, il mondo era travolto dalla guerra fredda, dalla spaccatura tra comunismo e liberal democrazie; con papa Ratzinger la Chiesa era coinvolta in scandali che lo stesso pontefice non fu in grado di redimere; Papa Francesco è entrato per far posto ad una mediazione, ha cercato di far entrare il cambiamento nella Chiesa cercando di aprirla ad un mondo cambiato. Il prossimo Papa si troverà di fronte ad una situazione spinosa come la possibile deflagrazione dell’età della pace che l’Europa ha attraversato dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Un Papa, il nuovo, che potrebbe continuare il percorso riformatore e progressista della missione di Papa Francesco o virare a centottanta gradi per favorire l’ondata di conservatorismo che attraversa l’intero Pianeta dall’America all’Asia.
Bentornato,
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