I candidati senza il territorio

La marcia di avvicinamento alle elezioni del 25 settembre è degna del teatro dell’assurdo di Samuel Beckett ed Eugène Ionesco. Basti pensare innanzitutto alle alleanze innaturali e contraddittorie, per certi versi imposte da una legge elettorale che è frutto degli errori e della miopia di tutti gli schieramenti politici. Su quest’ultimo punto il costituzionalista Michele Ainis è stato particolarmente efficace: il Mattarellum fu peggiorato dalla destra brevettando il Porcellum, a sua volta guastato dal Rosatellum. Il grande paradosso al quale assistiamo nelle ultime ore, però, riguarda le candidature dei big dei partiti in Puglia e in Basilicata. Qualcuno chiederà: che cosa c’è di male? Apparentemente nulla, ma è il caso di approfondire il senso dell’impegno dei leader.

Il leghista Matteo Salvini, nativo di Milano, sarà probabilmente candidato al Senato (anche) nel collegio della Puglia. E a Bari e dintorni dovrebbero sottoporsi al giudizio degli elettori pure il fiorentino Matteo Renzi e la salernitana Mara Carfagna, che dovrebbero guidare il cartello Azione-Italia Viva rispettivamente nella corsa al Senato e alla Camera. Le scelte dei partiti risultano ancora più paradossali in Basilicata. Forza Italia ha pensato bene di schierare qui Maria Elisabetta Alberti Casellati, presidente uscente del Senato, veneta doc. Il “capolavoro”, poi, l’ha offerto il Pd: dopo aver impostato una campagna elettorale sull’antifascismo, il segretario Enrico Letta si è visto costretto a silurare Raffaele La Regina, autore di un post antisemita (sic!), e a offrire la candidatura alla Camera al napoletano Enzo Amendola, ex ministro che fino qualche ora prima era schierato in un collegio campano (in posizione, tra l’altro, non utile all’elezione).

E, sempre per quanto riguarda le mosse del centrosinistra in Basilicata, non si può fare a meno di notare come Amendola sia stato lanciato in un collegio nel quale sarebbe stato logico aspettarsi la candidatura di Roberto Speranza, visto che il ministro della Salute uscente è nativo di Potenza.

Quella alla quale si assiste in Puglia e Basilicata, dunque, è una giostra impazzita di candidature suggerite dagli obiettivi più disparati, ma non dal legame col territorio o dall’impegno di questo o quel militante di partito. I leader nazionali schierati in Puglia e in Basilicata saranno candidati anche in altri collegi sparsi nel resto d’Italia con l’obiettivo di garantirsi uno scranno in Parlamento; dopodiché, a risultato acquisito, sceglieranno il collegio nel quale risultare eletti in modo tale da liberare caselle a vantaggio dei compagni di partito in altre circoscrizioni. Tutto ciò non farà altro che accrescere la distanza tra la politica e il territorio, già incolmabile a causa di una legge elettorale che non prevede le preferenze e di uno scellerato taglio del numero dei parlamentari che non garantisce un’adeguata rappresentanza agli abitanti di ciascun territorio.

La “calata” dei leader dei partiti in Puglia e in Basilicata, dunque, è tutto tranne che un segnale di attenzione di quegli stessi partiti nei confronti del territorio. È solo ed esclusivamente una mossa dettata dall’opportunismo di chi vuole garantirsi uno strapuntino in qualche collegio ritenuto contendibile o di chi, come nel caso del Pd lucano, tenta di rimediare a una clamorosa figuraccia. In questo modo si finisce per spianare la strada all’astensione e per demolire quel poco di credibilità che resta alla politica. Stavolta, però, nessuno se la prenda con la legge elettorale.

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