“L’Edicola del Sud” ha dedicato ampio spazio alla statistica sugli errori giudiziari aggiornata al 31 dicembre 2022. Non tutti i quotidiani lo hanno fatto, anzi pochissimi e con poche righe. Eppure è una tragica realtà che dovrebbe interessare l’opinione pubblica, perché dietro quei numeri potrebbe esserci ognuno di noi. I 547 casi tra ingiuste detenzioni ed errori giudiziari del 2022, indicano che il pericolo di finire in carcere e/o essere condannati ingiustamente esiste ed è concreto. Tra l’altro il numero è ben più alto, in quanto la statistica indica solo i casi in cui è stato chiesto il risarcimento tralasciando quelli – e non sono pochi – in cui l’interessato non ha iniziato l’azione d’indennizzo. Mentre dormiamo sonni tranquilli, potrebbe fare irruzione all’alba la polizia giudiziaria e sottrarci ai nostri affetti, alla nostra quotidianità per l’inizio di quello che, non a caso, è chiamato “calvario giudiziario”. Un percorso insidioso che, soprattutto se vissuto da innocenti, resta incomprensibile e lascia attoniti.
Ti macera il cervello, ti consuma il corpo e la mente. La vita passata stracciata e non se ne comprendono le ragioni. Il lieto fine, quando c’è, arriva dopo anni. Spesso è troppo tardi. Certo, commettere errori è umano, ma perseverare è diabolico. Non esiste, infatti, persona che non abbia commesso errori, come non esiste un sistema perfetto che possa garantire sempre risultati giusti ed efficaci. Non vi è dubbio, però, che il dato sulle ingiuste detenzioni e gli errori giudiziari è davvero allarmante e si ripete, di anno in anno, con preoccupante cadenza. Dal 1991 a dicembre scorso sono 30.778 le persone travolte da questo tsunami giudiziario, che è costato allo Stato – e quindi ai cittadini – circa 933 milioni di euro, per una media annua di 29 milioni. Una tempesta perfetta per la quale la politica mostra, da sempre, il suo disinteresse o comunque la sua incapacità ad affrontare il problema, nonostante i chiari e ripetuti segnali che provengono da fonti qualificate, siano esse istituzioni sovranazionali ovvero addetti ai lavori, invero quasi esclusivamente avvocati. Sono molti, infatti, gli elementi che provocano il catastrofico errore.
Il principale è certamente la volontà di risolvere qualsiasi problema in sede penale, che non è affatto la strada maestra, ma il percorso che deve privilegiare fattispecie limitate. Snellire il catalogo dei reati consentirebbe di recuperare risorse umane e organizzative ed accelerare i tempi delle indagini e dei processi. Sicché il fisiologico errore giudiziario avrebbe conseguenze meno devastanti. Adeguare finalmente il nostro sistema penitenziario ai principi costituzionali e alle norme dell’ordinamento penitenziario, dando anche spazio alla riforma che giace pronta nei cassetti (speriamo non negli scantinati) del Ministero della Giustizia, potrebbe essere un ulteriore passo per evitare che all’errore giudiziario si aggiunga anche quel trattamento disumano e degradante per il quale la Corte europea dei diritti dell’uomo ci ha più volte condannato.
Riccardo Polidoro è avvocato e responsabile dell’Osservatorio Carcere dell’Ucpi