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Gli Azzurri hanno vinto, Bari faccia altrettanto

Si è finalmente concluso un campionato di calcio di Serie A complicato, per me. Provo a spiegarne il motivo. Sono un napoletano di Torre Annunziata, città tra l’altro di mio zio Michele, al quale ogni anno è dedicata a giugno – la prossima dunque cadrà fra pochi giorni – la “settimana dello scrittore”, con presentazioni di libri e incontri letterari. Come tale, sono affezionato ai colori azzurri fin dall’adolescenza: all’allora stadio “San Paolo” andavo con mio padre e un cugino omonimo.

Il fatto è che però la mia famiglia ha anche qualche ramo milanese. Un fratello di mio nonno (erano avvocati entrambi, del resto questa professione è diffusa tra noi), emigrato a Milano, sposò una signora del luogo e ne nacque un altro mio zio, Peppino: proprio lui, il mitico vicepresidente dell’Inter, celebratissimo battutista e a lungo presidente dell’Ordine degli avvocati presso quel Tribunale, che quando era ragazzino mi seduceva mandandomi maglie, gagliardetti, maglie e gadget nerazzurri.

Capirete bene, allora, che nel mio destino c’era necessariamente la condizione del bi-tifoso. Nessun problema quando le orbite delle due squadre giravano lontane: l’Inter (che era quella straordinaria del “mago” Helenio Herrera) vinceva scudetti e coppe, il Napoli non era aduso a siffatti traguardi e le due squadre non si disturbavano. Le uniche due volte in cui erano destinate a incontrarsi in ciascun campionato sospendevo il tifo e mi auguravo un salomonico pareggio.

Quando il Ciuccio ha incominciato a vincere scudetti anch’esso, però, sono iniziati i dolori di pancia della doppia fedeltà e quest’anno i tormenti hanno raggiunto proprio l’acme. Pensando tuttavia che l’Inter ha vinto tanto e gli azzurri meno, ancora una volta me la sono potuta aggiustare nell’animo alla meglio, io che tendenzialmente sto sempre dalla parte dei più deboli: che al Napoli andasse perciò lo scudetto, agli avversari la Champions e mi dispiace per Kvaratskhelia, che al successo di quest’anno dei primi ha contribuito per parte del girone di andata, prima di emigrare al Paris Saint Germain, nonché per Gigio Donnarumma, che è nato tra Castellammare di Stabia e Pompei, quindi nei miei paraggi.

Che poi, a dirla tutta, mi sa che devo essere proprio non direi un traditore, ma un “fedele plurimo”, come il protagonista del romanzo di Milan Kundera L’irresistibile leggerezza dell’essere: amo altresì la bellissima Bari, città dove vinsi in epoca ormai lontana il mio concorso da ordinario di Diritto pubblico all’università e la cui squadra è anch’essa proprietà familiare del presidente De Laurentiis. Ho dunque un occhio di simpatia e di riguardo anche per i “galletti”. E allora potrei mai finire una confessione destinata a un giornale locale (e sapendo oltretutto che l’allenatore azzurro Conte è salentino), senza augurare alle équipes dei capoluoghi di questa splendida terra le migliori fortune calcistiche e alla regione intera non solo quelle?

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