Energie rinnovabili, l’editto di Celenza non salva dalle macerie

Energie rinnovabili e tutela del patrimonio paesaggistico: il convengo di Celenza Valfortore è stato un salto all’indietro per i Monti Dauni.

La crociata anti eolica non tiene conto della realtà che va oltre le buone intenzioni. Entro il 2050 dovremo raggiungere il 50% di produzione elettrica da fonti rinnovabili. Il 34% del Piano nazionale di ripresa e resilienza è impegnato dalle rinnovabili.

Il dato vero è questo. La Regione Puglia è la regina del Green europeo. L’elettrico la sfida della transizione energetica. Se tutto questo è messo in discussione dall’editto di Celenza allora davvero siamo alla frutta.

Il ritardo di “visione strategica” del nostro territorio e del Sud in generale trova una triste conferma proprio dal “convenire” di Celenza. Sgarbi omette di chiarire alcuni passaggi in merito alla famigerata autonomia differenziata. Questa si devastante per i nostri territori e i nostri piccoli Comuni.

L’aver avuto 20 regole diverse sulle fonti energetiche alternative il vero disastro. Regione che vai eolico che trovi. Con l’autonomia differenziata i sindaci come accade già oggi in Campania non toccheranno palla. Le politiche energetiche e industriali hanno un senso a livello europeo non delle singole regioni. Immaginate la sfida della Regione Puglia con la Cina. Una barzelletta tipicamente italiana.

Il tema da svolgere è molto più alto e tocca la capacità di visione di un territorio che continua la sua dissoluzione provando a trovare nella “solitudine” la propria strada. Per rendere le rinnovabili utili al territorio e non solo “importanti “ nella strategia della Comunità nazionale, occorrono azioni concrete a partire dalle reti delle reti che molto spesso comitati locali, sindaci peones, hanno bloccato ostacolato quel lavoro necessario per far “camminare” l’energia prodotta. I Monti Dauni non sono esclusi dal resto del Mondo ne possono pensare di uscire dall’imbuto isolandosi.

La fragilità del territorio povero di pensiero è testimoniata plasticamente dal fallimentare agire del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Semplicemente non hanno toccato palla. Buoni solo per post e Facebook. La dorsale appenninica può provare a trovare il suo riscatto se trova le forme e i modi per rielaborare se stessa, la propria storia e la propria identità. Viabilità, sanità, servizi, gli atti concreti che la Regione, le Unioni dei Comuni devono mettere in atto. Sollecitare luoghi di ricerca e innovazione nel campo energetico da realizzare nei nostri territori, trasformare le fonti energetiche in occasione di rielaborazione di un sistema europea che stenta a trovare una sua collocazione ed una sua stabilità. Incredibile come Emiliano, Sgarbi, e altri abbiano una comune visione antistorica, superata, feudale. La strada indicata da Mario Draghi nella sua visione di sviluppo europeo la sfida da vincere se vogliamo salvare dal declino definitivo le aree interne a oggi tecnicamente fallite.

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