Ho qualcosa di personale con Papa Bergoglio, spero non me ne vorrete se lo condivido con Voi. Era il 13 marzo del 2013, era sera ed ero appena stato eletto Senatore; stavo uscendo da Palazzo Madama quando, fra i commessi, comincia a rimbalzare la voce che: ‘Habemus Papam’.
Prendo un taxi e mi precipito a Piazza San Pietro in Vaticano. Durante il tragitto le emozioni della giornata si accavallano nella mia mente; 17 è il mio numero fortunato e diciassettesima è la legislatura nella quale sono stato eletto; sono nato e cresciuto in una famiglia cattolica ma sono diventato agnostico.
Ciò nonostante, corro a prendermi l’indulgenza plenaria, con la prima benedizione ‘urbi et orbi’ del nuovo Papa. Penso a mio fratello che non c’è più al quale devo tutta la mia formazione personale e a quanto mi sarebbe piaciuto condividere con lui questi momenti. Ho un cuore pieno. Un cuore che si scioglie in lacrime quando Jorge Mario Bergoglio annuncia che prenderà il nome di Francesco. Lo stesso di mio fratello. Ecco, comincia in questo modo il mio legame forte con Papa Francesco. Un Papa rivoluzionario venuto dalla ‘fine del mondo’. Jorge Mario Bergoglio era figlio di un ferroviere piemontese, i suoi dodici anni di pontificato sono stati tra i più dissacranti della Storia della Chiesa. È stato e sarà il Papa dei poveri, degli ultimi, dei diseredati, degli emarginati. Apre le porte del Vaticano per dare da mangiare a chi non ha cibo e per dare rifugio ai senza casa, nelle fredde notti di Roma.
Vuole riportare la Chiesa verso i poveri e per questo si scontra con i potentati della curia Romana. E’ un “Papa contro”, va da se che non era molto amato all’interno della stessa Chiesa. Anzi, è stato a lungo osteggiato. Ciò nonostante ha riformato la Chiesa. Ha smantellato le dinastie che governavano lo Ior, la banca Vaticana. Ha cacciato o scomunicato quei cardinali che vivevano nel lusso o che non riconoscevano il suo Pontificato. Emblematico il caso di Mons. Viganò. È stato un Papa reazionario? Non lo so. Per certi versi lo sono stati molto di più Wojtyla e Ratzinger. Certo che non possiamo dimenticare la scomunica contro i mafiosi e la prima messa di cordoglio, nel mare di Lampedusa, per i migranti morti nelle traversate. Né possiamo dimenticare, il perdono chiesto al mondo, per tutti gli abusi sessuali commessi all’interno della chiesa. Certo, era un Papa, ma era ed è stato sopratutto un Gesuita; come non vedere nel suo pontificato le regole di Ignazio di Loyola? Ci sono uomini, il cui unico onore, è quello che gli rinviene dal presiedere una istituzione; ce ne sono altri, il cui operato, aggiunge onore all’istituzione che presiedono; Papa Francesco apparteneva a quest’ultima. Come uomo e come Papa ha dato sostegno ai rifugiati e agli sfollati, in contrapposizione alle politiche dei maggiori governi occidentali. Come uomo e come Papa ha condannato la guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti, sostenendo che essa provoca solo sofferenza e distruzione. Come uomo e come Papa si è fatto promotore del dialogo e della diplomazia per trovare soluzioni pacifiche. Come uomo e come Papa ha condannato la corsa agli armamenti, sostenendo che essi rappresentano una minaccia per la pace e la sicurezza. La morte di Papa Francesco ci lascia questo testamento di umanità e solidarietà, che stride, che sanguina, al cospetto dei fiumi di retorica e delle ipocrite giaculatorie dei potenti del mondo. Hanno fatto a gara in questi giorni per ricordarlo: ne hanno esaltato l’immagine e il ruolo, totalmente dimentichi del contrasto con il loro pensiero e politiche. Una immagine sfacciata della loro ipocrisia. Oggi sono tutti lì, dietro la sua bara, senza rispetto e senza averne alcun titolo morale. E allora, questa onoranza funebre, io me la sogno così; Papa Francesco che balza fuori dalla sua bara indispettito e con il suo piglio inizia a gridare: «Andate via, andate via. Via. Viaaaaaa!».