È la morte dell’ascensore sociale

Prendiamo un nucleo familiare con entrambi i genitori disoccupati. Non è una stranezza, dalle nostre parti. Da sindaco ne conosco di situazioni del genere. Questa famiglia ha tre figli, la più grande fa il liceo scientifico, è anche bravina: prende nove in matematica e dieci in chimica. Vorrebbe fare l’università. Ma è un lusso che non si potrà mai permettere perché viene prima la casa e loro hanno avuto un’ingiunzione di sfratto. Come si può pensare di mandare la ragazza a studiare? Così, nel nostro Mezzogiorno, si interrompe l’ascensore sociale. E si ritorna a un vecchio circolo vizioso: i figli degli avvocati e dei medici che fanno gli avvocati e i medici, gli altri se va bene i camerieri in una pizzeria, i collaboratori scolastici o i percettori di reddito di cittadinanza. Questa oggi è la vera emergenza sociale: al termine del ciclo di istruzione superiore in Campania rinuncia ad andare avanti il 18 per cento degli studenti, contro una media nazionale del 9,7. E’ la cosiddetta “dispersione implicita”, poi c’è quella esplicita, che vede per esempio la Puglia è al di sopra della media nazionale (12,7%) con il 17,6 per cento.

Di fronte a questa regressione, il governo dovrebbe correre ai ripari e intervenire per interrompere la spirale che rischia di impoverire ulteriormente un tessuto sociale che, nonostante i tanti segnali di dinamismo, è sempre sul punto di sprofondare nella povertà. E invece cosa fa? Si inventa il “salario differenziato” per i professori. La proposta di Valditara appare di buon senso: perché non dare più soldi agli insegnanti che vivono in un contesto dove l’affitto di una casa costa di più? Perché non aiutare chi è costretto a viaggiare da Bitonto a Parma per insegnare? Ma su come sostenere i docenti che fanno i pendolari dal Sud al Nord non c’è preclusione neanche da parte dei sindacati. Quello che vuol fare il ministro “dell’istruzione e del merito” è ben altro: far sì che siano i privati a finanziare le retribuzioni dei docenti, salvo introdurre il meccanismo della “perequazione” che ridistribuisce quei fondi anche agli istituti del Sud.

A noi sindaci, da due anni mobilitati attraverso la rete “Recovery Sud” contro le diseguaglianze territoriali, la parola “perequazione” suona beffarda. Ci ricorda il fondo perequativo per i Comuni previsto all’indomani della riforma del federalismo fiscale. Per molti anni è rimasta lettera morta e tuttora è stato attivato solo in minima parte, peggiorando gli squilibri che già c’erano.

La proposta del ministro fa il paio con l’autonomia differenziata, che demolisce l’idea di diritti uniformi su tutto il territorio nazionale. E’ un processo devastante che sta suscitando reazioni a catena che la maggioranza di centrodestra che guida il Paese dovrebbe considerare molto attentamente. Ogni giorno c’è una manifestazione contro la riforma del regionalismo spinto: ieri, per esempio, ce n’è stata una a Palo del Colle, organizzata dal Movimento 5 Stelle, domani in un liceo di Roma si incontreranno, in un’assemblea, tutte le sigle del tavolo No Ad, dalla Cgil Scuola ai Giuristi Democratici, da Sinistra Italiana a Unione Popolare, dal Movimento Equità territoriale alla Carta di Venosa. Anche nel Pd il dibattito per le primarie è segnato da questo tema. E perfino all’interno di Fratelli d’Italia e Forza Italia sono molte le resistenze contro una riforma che rischia di mandare in frantumi la coesione nazionale.

L’Anci, l’associazione dei Comuni, si è espressa chiaramente contro in Campania, Basilicata e Calabria e ventidue sindaci pugliesi anche di grandi città hanno chiesto all’Anci pugliese di prendere la stessa posizione. Duecento primi cittadini hanno scritto al Presidente della Repubblica per chiedergli di fermare questo treno. E di invertire l’ordine delle priorità, partendo dai dati che oggi dicono che, dopo anni in cui si è sbandierata una presunta meritocrazia che in realtà affossa proprio chi dovrebbe risalire la china, nel sistema scolastico, nelle università, nei Comuni, negli ospedali, nei trasporti, il gap sta crescendo paurosamente.

Davide Carlucci è sindaco di Acquaviva delle Fonti e coordinatore della rete Recovery Sud

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