La tredicesima elezione del Presidente della Repubblica si tiene dopo le elezioni politiche del 24 e 25 febbraio 2013. Le urne determinano l’ingresso dei 5 Stelle in Parlamento, primo partito con Beppe Grillo leader, di professione comico e con 25,56% di voti. Il Centrodestra con Berlusconi è al 29,18; la coalizione di Mario Monti ha il 10,56%. Le elezioni le vince il centrosinistra con il 29,55% dei voti. Pochi.
Il panorama politico è frastagliato e confuso. PD, Scelta Civica, PdL, Lega Nord e UDC propongono la rielezione di Napolitano che rinuncia per via dell’età, ma anche perché il settennato è lungo.
Il Movimento 5 Stelle, quasi stessimo al gioco del Monopoli, effettua le ‘Quirinarie’, votazioni on line per pochi intimi, senza titolo alla scelta del candidato, che indicano la giornalista Milena Gabbanelli al I posto, il medico Gino Strada al II e il giurista Stefano Rodotà al III. Dopo la rinuncia dei primi due, Rodotà accetta.
La convocazione è fissata per il 18 aprile e il 17 al Teatro Capranica si riunisce il centrosinistra (PD e SEL) che decide, su proposta di Pierluigi Bersani, di votare Franco Marini, sul quale c’è l’intesa con Scelta Civica e PdL. In seguito si aggiunge la Lega Nord. La scelta di Marini determina, nel corso dell’Assemblea del centrosinistra, l’abbandono inspiegabile di Nichy Vendola e di Sel. Molti parlamentari vicini a Matteo Renzi dicono No a Marini. Il Parlamento è circondato da attivisti del Movimento 5S che gridano Rodotà, Rodotà, quasi fossimo allo stadio. La sera del 17 aprile, durante un collegamento con Bruno Vespa, a ‘Porta a porta’, spiego che la scelta di Marini è da apprezzare, vero democratico e uomo simbolo del lavoro, indicato nell’art. 1 della Costituzione.
Nel PD c’è tanta confusione: alcuni segretari regionali, senza averne ruolo, invitano a votare Rodotà. Alcuni tifano D’Alema, altri propongono Sergio Chiamparino. Molti dirigenti PD pugliesi, anche autorevoli, telefonano per dare la propria indicazione di voto e qualcuno intima di non votare Marini. Ormai siamo al Beirut. L’elezione del Presidente della Repubblica, come il Covid oggi, determina in quasi tutti il diritto a proporre la propria scelta.
La sera del 17 aprile, dopo la fine dell’Assemblea, da mezzanotte all’alba, sono a casa di Franco Marini, in compagnia di un ex Ministro del PD. Facciamo il punto della situazione. Tante telefonate per accertare se la maggioranza tiene. Il ritornello è sempre lo stesso da parte del Centrodestra. Noi voteremo Marini. Attenzione, dicono, se non raggiunge il quorum dei 2/3, sarà solo perché nel PD ci saranno i franchi tiratori. Attenzione a ‘renziani e dalemiani’. Poi un’altra considerazione giusta. Perché votarlo al primo scrutinio? Dal quarto tutto sarebbe più facile. Sentito Bersani, sostiene che eleggere il Presidente al primo scrutinio, con una maggioranza diversa da quella di Governo, è cosa positiva per la democrazia. Considerazioni giuste che non tengono conto dell’insipienza di alcuni parlamentari PD, alcuni pugliesi inclusi.
Franco Marini ottiene 521 voti, insufficienti a raggiungere il quorum al I scrutinio. Utili invece al IV. In Parlamento capiamo subito che non sarà una passeggiata: i renziani votano Chiamparino ed altri del PD D’Alema, Prodi, Finocchiaro, Napolitano. Marini paga il suo essere un ex democristiano e l’età: ha 80 anni. È vecchio.
La candidatura di Marini è ritirata e nei tre scrutini successivi PD, PdL e Scelta Civica votano scheda bianca con defezione dei renziani e di alcuni PD. Altra riunione al Teatro Capranica del Centrosinistra ed indicazione di Romano Prodi. Pochi applausi al suo nome fanno capire subito come finirà. Prodi ottiene, al quarto scrutinio, 395 voti, molti meno di Marini. Si grida allo scandalo per 101 franchi tiratori PD. Ove tutti avessero votato, Prodi non avrebbe raggiunto il quorum. Caccia all’untore…che per Marini non si fa. Scandalo…hanno bocciato Prodi, quasi fosse il padreterno. Ancora oggi si cercano i 101, nessuno si sforza di capire che se non si individuano le ragioni del no a Marini, non si capisce quello che è successo a Prodi. Altra candidatura ritirata e PD nel caos, con le dimissioni del segretario Bersani e di Rosy Bindi. Quinta votazione con tante schede bianche fino a che il pellegrinaggio bipartisan, ma separato, di tanti leader di partito e Presidenti di Regione al Quirinale induce Napolitano, ad 88 anni, ad accettare la rielezione. Marini ad 80 no, Napolitano a 88 si. Misteri.
Il 20 aprile 2013, con l’eccezione di 5 Stelle e SEL, alla sesta votazione, Giorgio Napolitano, per la prima volta è il Presidente della Repubblica rieletto dai 1007 delegati. Lo votiamo in 738. Ancora con il mio voto ed una matita ricordo.
Bentornato,
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