Dormire in un cartone, a Bari.
La vera sfida è azzerare le disparità

La foto è un pugno nello stomaco. Non solo e non tanto per ciò che ritrae – una persona costretta a dormire in strada, per di più davanti a un luogo di accoglienza come una chiesa, lascia sempre e comunque sgomenti – ma soprattutto per i dettagli.

Un immigrato, dunque un disperato giunto in Italia per sottrarsi a un destino di povertà ed emarginazione, trova riparo nella scatola di cartone di un televisore per acquistare il quale una famiglia ha speso centinaia – se non addirittura migliaia – di euro.
È la rappresentazione plastica della vera piaga della società contemporanea: le disuguaglianze sociali. Da una parte, in quella fotografia, c’è chi può permettersi di acquistare un televisore di ultima generazione; dall’altra, però, c’è chi non può far altro che svuotare la scatola di cartone abbandonata in strada e cercarvi riparo dall’umidità durante la notte. È, in altre parole, il doppio volto di Bari e dell’intera società contemporanea: gaudente da una parte, disperata dall’altra.

Davanti a questa condizioni nessuno può girare la faccia dall’altro lato. Non può farlo la politica, chiamata a integrare i disperati nel tessuto sociale e a garantire loro dignità, lavoro e prospettive di crescita. Non può farlo l’opinione pubblica che ormai rischia di assuefarsi a certe scene drammatiche. Non può farlo la stampa che nell’impegno civile deve (ri)trovare la propria ragion d’essere. E allora nessuno osi tacere o rimanere inerte davanti a quelli che troppo spesso sono considerati “scarti della società”: ricucire gli “strappi” all’interno del tessuto sociale è la sfida che siamo chiamati ad affrontare e a vincere. Tutti, nessuno escluso.

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