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Diciamo basta al silenzio complice: le aggressioni si fermano così

La violenza contro le donne rimane una piaga sociale diffusa, con radici profonde che vanno oltre il solo patriarcato. Al centro di questo fenomeno c’è spesso un distorto senso di possesso che sostituisce l’amore e il rispetto reciproco nelle relazioni. I numeri parlano chiaro: in Italia, nel 2024, sono state uccise 96 donne, di cui 82 in ambito familiare o affettivo. Ma la violenza non si limita ai femminicidi. Il 31,5% delle donne italiane ha subito una qualche forma di abuso nel corso della vita, che sia fisico, psicologico, economico o sessuale.

Questi dati allarmanti rivelano un problema radicato nella nostra società: la tendenza di alcuni uomini a considerare la partner come una proprietà. Questo senso di possesso si manifesta attraverso comportamenti controllanti, gelosia ossessiva e, nei casi più gravi, violenza fisica. Secondo uno studio condotto dall’Anrows (Australia’s National Research Organisation for Women’s Safety), molti uomini violenti mostrano una profonda insicurezza e un’incapacità di gestire le proprie emozioni.

La violenza diventa quindi un mezzo per affermare il proprio controllo e compensare un senso di inadeguatezza, mai da giustificare però. L’educazione gioca un ruolo chiave nel contrastare questa mentalità. Programmi come il “Resilience, Rights and Respectful Relationships” in Australia dimostrano che è possibile promuovere relazioni sane basate sul rispetto reciproco fin dalla giovane età.

Ma l’educazione da sola non basta. È necessario un cambiamento culturale più ampio che coinvolga l’intera società. Dobbiamo sfidare gli stereotipi che vedono la donna come un oggetto da possedere e l’uomo come detentore di un potere assoluto nella relazione. E qui il modello patriarcale ha inciso e incide in maniera significativa, nascondendosi (come se fosse possibile) dietro le “perdite di modelli”, “troppa libertà”, “social” per continuare ad espandersi e tendere a giustificare comportamenti distorsivi.

La consapevolezza è un elemento fondamentale. Troppo spesso le vittime faticano a riconoscere i segnali di una relazione tossica basata sul possesso. È importante diffondere informazioni su cosa costituisce un comportamento abusivo e quali sono i diritti di ogni persona in una relazione. Le istituzioni hanno un ruolo cruciale nel fornire supporto alle vittime e nel punire i colpevoli. Usando modi, maniere e parole corrette, non colpevolizzando la vittima o sminuendo e minimizzando. Ma la responsabilità di creare una società libera dalla violenza è di tutti noi. Ogni giorno possiamo fare la differenza, sfidando comportamenti e atteggiamenti che normalizzano il possesso e il controllo nelle relazioni.

Il cambiamento richiede un impegno costante, 365 giorni all’anno. Non possiamo limitarci a parlare di violenza di genere solo il 25 novembre. Dobbiamo integrare il rispetto e l’uguaglianza in ogni aspetto della nostra vita quotidiana. Mi piace immaginare un mondo in cui ogni relazione sia basata sul rispetto reciproco, dove l’amore non sia confuso con il possesso. Sembra un’utopia? Eppure, ogni persona ha il potere di contribuire a questo cambiamento. La prossima volta che senti una battuta sessista o assisti a un comportamento controllante, avrai il coraggio di intervenire? Ricorda, il silenzio è complice. Le tue azioni, per quanto piccole possano sembrare, possono innescare un effetto domino di consapevolezza e cambiamento.

Il futuro che vogliamo – un futuro di relazioni sane e rispettose – non è un sogno lontano. È qualcosa che costruiamo giorno dopo giorno, conversazione dopo conversazione. Siamo pronti, insieme, a diventare gli artefici e le artefici di questo cambiamento? Iniziamo oggi, continuiamo domani, e non ci fermiamo finché ogni persona potrà vivere libera dalla paura e dal possesso distorto. Il cambiamento dobbiamo farlo accadere.

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