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Delega fiscale tra riforme ed equità

Semaforo verde per la delega fiscale. Il testo ha ricevuto l’approvazione definitiva in terza lettura dalla Camera con 184 voti favorevoli e 85 contrari; adesso il Governo avrà 24 mesi per poter esercitare la delega e intervenire già in autunno con i primi decreti delegati.

L’attuazione del provvedimento dovrebbe finanziarsi con la revisione delle oltre seicento tax expenditures (i.e. agevolazioni fiscali che riducono il prelievo fiscale quali detrazioni e deduzioni, imposte sostitutive, aliquote ridotte e crediti d’imposta) che hanno un costo per lo Stato di circa 165 miliardi, anche se nel corso dei prossimi due anni serviranno sicuramente ulteriori risorse per rivedere il sistema delle entrate erariali.

Durante il primo esame alla Camera al testo della delega fiscale sono state apportate modifiche, tra le quali abbiamo già segnalato la flat tax per le tredicesime, gli straordinari sopra una certa soglia e i premi di produttività e la possibilità di rateizzare il pagamento degli acconti e del saldo Irpef per gli autonomi e gli imprenditori individuali. Ma anche l’indicazione al Governo di favorire lo sviluppo economico del Mezzogiorno e la riduzione del divario territoriale.

Non c’è nessuna riduzione da 4 a 3 aliquote Irpef, come riportato da molti media e quotidiani, ma viene confermata la revisione e la graduale riduzione dell’imposta nel rispetto della progressività e nella prospettiva di transizione verso una aliquota unica attraverso il riordino delle tax expenditures.

Analizzando ora il testo definitivo del provvedimento gli emendamenti hanno una portata maggiore. Merita una prima nota di rilievo l’introduzione del principio dell’autonomia finanziaria degli enti territoriali ossia che il Governo, nell’esercizio della delega, dovrà assicurare la piena applicazione dell’autonomia di Regioni ed enti locali in materia tributaria e in attuazione del federalismo fiscale, inclusa la compartecipazione delle Regioni al gettito Iva. Principi positivi ma che non risolvono l’annoso divario Nord-Sud, il criterio della “spesa storica” e che dovrebbero far venire in mente la necessità di un nuovo principio di equità fiscale territoriale per far pagare meno tasse a chi vive in territori con meno servizi pubblici minimi o di scarsa qualità e dove i servizi minimi essenziali costano di più, rispetto a chi vive in altri territori in cui i servizi sono maggiori, migliori e dove quelli essenziali costato di meno.

In seconda lettura a Palazzo Madama è stato prevista anche l’esclusione delle sanzioni penali tributarie in caso di dichiarazione infedele per chi aderisce all’adempimento collaborativo e comunica in via preventiva l’esistenza di rischi fiscali.

L’istituto dell’adempimento collaborativo viene esteso anche alle persone fisiche che trasferiscono la propria residenza in Italia nonché a chi la mantiene all’estero ma possiede, nel nostro Paese, un reddito complessivo pari o superiore a un milione di euro, anche per il tramite di interposta persona o trust. Via libera anche all’ampliamento delle forme di pagamento dei tributi con il sistema RID o altri strumenti di pagamento elettronico e al rafforzamento dei regimi premiali attualmente vigenti così da ridurre, tra l’altro, i tempi di rimborso dei crediti fiscali per i contribuenti che presentano alti livelli di affidabilità fiscale.

Concetti come il “rischio fiscale” e l’“affidabilità fiscale” sono, dunque, principi cardini di questa delega fiscale sui quali il Governo dovrà innescare un cambio radicale del rapporto tra Fisco e contribuente (rapporto che dovrebbe da sempre – in base alle norme dello Statuto dei diritti del contribuente – essere improntato alla buona fede e alla leale e reciproca collaborazione). In quest’ottica, va, quindi, vista con favore la proposta di accordo di definizione biennale della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, prevista dalla delega fiscale definitiva; proposta di accordo che il contribuente dovrà impegnarsi ad accettare e a rispettare previo contraddittorio con modalità semplificate e che potrà essere formulata dall’Agenzia delle entrate non solo utilizzando le banche di dati e le nuove tecnologie a sua disposizione, ma anche sulla base degli indicatori sintetici di affidabilità per i soggetti a cui si rendono applicabili.

Per queste regioni nei lavori al Senato si è passati dal superamento alla razionalizzazione e revisione degli ISA (Indici Sintetici di Affidabilità), prospettando quindi una loro evoluzione da metodo di accertamento (come avveniva per i paramenti contabili e gli studi di settore) a strumento di compliance utile per la stima presuntiva del reddito di imprese e professionisti.

In altri termini, i principi della delega puntano a “forfettizzare” il reddito prodotto per un biennio chiudendo accordi con i contribuenti di minori dimensioni e che presentano alti livelli di affidabilità fiscale misurati anche sulla base degli indicatori statistico-economici utilizzati per la definizione degli ISA. Sembrerebbe quasi un modo diverso modo di applicare l’attuale regime forfettario. Magari sarebbe stata di più immediata applicazione (forse) una riforma del regime di vantaggio con l’introduzione di un sistema di aliquote, magari, duale, nuove percentuali di redditività determinate per tipo di attività (codice ATECO) e in base a principi che tengono conto dell’affidabilità fiscale del contribuente. Ma anche prevedendo l’aggregazione tra contribuenti forfettari e la deducibilità di spese qualificate come le spese per investimenti e per dipendenti. Chissà se in futuro questa proposta potrà essere presa in considerazione.

Vincenzo Castellano – Dottore commercialista

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