La morte di Papa Francesco, divenuto punto di riferimento per quanti, al di là del credo religioso, immaginavano un mondo in cammino lontano dalle derive violente e liberticide che negano la cooperazione tra i popoli, è una brutta notizia.
La misericordia e la compassione per il genere umano hanno segnato il suo pontificato… direi un pontificato “di strada” nel senso nobile della parola di colui che lascia la casa sicura del Padre e si mette in cammino per andare incontro ai suoi simili cogliendone la sapienza esistenziale fatta di pratica quotidiana della vita, di sofferenza e di pazienza, di attesa e di speranza, di azione positiva e condivisa, mai di rassegnazione. Piuttosto di rabbia e e di inquietudine tese a cercare le giuste risposte. Lui che ricopriva di sapienza popolare la sapienza filosofica e teologica maturata tra i banchi della scuola gesuita.
Allorquando il papa emerito Benedetto XVI scrisse quella lettera pregna di sapere filosofico prima che teologico in cui metteva in guardia la chiesa dalla eccessiva indulgenza verso l’edonismo del tempo attuale saturo di relativismo preoccupato esclusivamente del proprio tornaconto individuale, qualcuno pensò che quel monito fosse rivolto alla chiesa di Papa Francesco. In realtà la sapienza di Papa Francesco si coniugava con la profonda compassione che nulla concedeva alle derive denunciate da Papa Benedetto XVI ma lanciava al mondo, che veniva travolto da marosi assai torbidi e pericolosi, una gomena potente per ancorarsi in un luogo sicuro pregno dei sempiterni valori umani e da lì puntare alla salvezza. Salvezza collettiva che incrociasse ed esaltasse quella individuale. È il pensiero dello sviluppo predicato da papa Francesco pellegrino in Africa ed in Sud America e ovunque l’umanità era sofferente, sfruttata e violata. La differenza tra papa Benedetto e papa Francesco forse sta proprio qui. Nel privilegiare il mondo con le sue sofferenze, le sue paure, le necessarie, indifferibili attese, rispetto alle certezze della Chiesa. E solo un uomo di profonda sapienza unita ad una fede altrettanto solida poteva giungere ad una sintesi talmente alta. Benedetto si preoccupava dei rischi della Chiesa su cui pure incombe il dovere duro ma necessario di andare contro corrente per richiamare i suoi fedeli ed i suoi sacerdoti al compito loro assegnato di testimoniare per il mondo intero la via della salvezza che potrà redimere l’Umanità dalle derive nichiliste pregne di edonismo consumistico e blasfemo. E dio sa quanto aveva ragione nel denunciare tale pericolo.
La prospettiva
Papa Francesco è tuttavia andato oltre tale insegnamento. Egli ha capovolto la prospettiva ed ha assunto la sofferenza umana a termine di paragone. È da lì che bisogna partire per giungere alla conversione voluta dal Cristo Crocifisso prima che dal Cristo Risorto. Non la volontà di santità, pure sacrosanta, della chiesa ma la preoccupazione della sofferenza umana diventa con papa Francesco il nord della bussola cristiana.
La rivoluzione
Se non è rivoluzione questa! Ed è la rivoluzione necessaria, di cui ha bisogno l’umanità. Certo essa si scontrava con l’idea politica dei potenti di una chiesa schierata. Ma questo non poteva accadere. Non con papa Benedetto e tampoco con papa Francesco. D’altronde il pontificato di papa Francesco è coinciso con il periodo storico forse più turbolento della storia recente. Il XXI secolo aveva disatteso tutte le promesse che pure erano emerse forti e credibili alla fine del secolo passato. Il potere fine a sé stesso impersonato da oligarchi e magnati che innalzano idoli inneggianti a sé ha finito per prevalere sulle preoccupazioni di un mondo in cerca di pace, di integrazione e di sviluppo condiviso. È prevalsa la voglia di chiudere le frontiere di violare le genti, di innescare guerre e distruzioni nel silenzio generale. In questo scenario la tentazione dei potenti di schierare Dio e le chiese a loro fianco è diventata assai pericolosa quanto manifesta. Insomma la salvezza non era una questione degli uomini nel loro intimo rapporto con dio oltre che con la vita ma una questione di sopraffazione portata avanti da quanti miravano a controllare il mondo per la loro gloria e potenza personale contrabbandate per gloria e potenza dei propri paesi.
Le sfide
Papa Francesco ha dovuto sfidare tali mistificazioni offrendosi anche alle facili critiche di chi lo voleva immaginare benedicente l’una parte o l’altra. La sua scelta per la pace che parte dal disarmo generale, dalla rinuncia ad armarsi non è una resa ai potenti ma una sfida potentissima che sola li può sconfiggere. È forse questo l’insegnamento più impegnativo. L’insegnamento che l’Europa bloccata ad un bivio assai pericoloso e decisivo per le sue sorti e quelle del mondo dovrebbe far suo trascinando gli altri, tutti gli altri. Il testamento spirituale di papa Francesco è arrivato proprio a conclusione della giornata della Pasqua di Resurrezione che può diventare Pasqua di Rivoluzione se solo l’emozione saprà sopravvivere e erodere la corazza di quanti stanno trascinando il mondo verso la rovina. Certo i popoli che pure hanno mostrato di credere nel messaggio di papa Francesco dovrebbero cominciare a mobilitarsi piuttosto che aspettare… Certo vi è anche la preoccupazione che la morte di papa Francesco possa tradursi in un’accelerazione delle azioni che portano sulla via della soluzione finale in Palestina e in Ucraina, in Africa e ovunque la violenza la fa da padrona. Potrebbe addirittura succedere che le forze reazionarie tentino una sortita per trascinare la chiesa sulla sponda suprematista e fanatica. C’è da augurarsi che, come dicono i cristiani, lo Spirito Santo vegli sulla chiesa perché l’azione di papa Francesco continui oltre la sua morte. Il mondo non ha bisogno di benedizioni riservate agli eserciti né di predicatori che esaltino improvvisati messia puntando il dito contro che ad essi non crede. L’Umanità ha bisogno di compassione e misericordia in uno con la sapienza umana vivificata dalla sapienza divina, proprio come, con le scelte di tutta la sua vita, ha dimostrato Papa Francesco.
Bentornato,
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