Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, pochi giorni fa, ha annunciato la nota del Ministero sulla dotazione organica del personale docente per l’anno scolastico 2025/2026. Una nota che, prima ancora di raggiungere gli Uffici scolastici regionali, già sa di beffa. Adesso i dirigenti scolastici regionali l’hanno ufficialmente comunicato. Il decreto interministeriale prevede un taglio netto di 5.660 cattedre comuni, appena mascherato da un lieve incremento di 1.886 posti di sostegno. Il saldo è ovviamente drammatico per la scuola pubblica italiana, che continua a perdere pezzi nel silenzio assordante delle istituzioni. I numeri sono precisamente questi: 664.774 i posti comuni e di potenziamento, 128.036 quelli di sostegno – in attuazione della legge 207/2024 – e 14.161 i posti definiti per l’organico di fatto. Previste anche 1.771 cattedre intere di educazione motoria nella primaria e 937 nuovi posti della classe A-23 per il potenziamento linguistico.
Ma le novità terminano qui, perché il vero segnale politico sta nei numeri che mancano: quelli tagliati. Il governo delle destre, con Valditara in questo caso ovviamente principale artefice, sceglie ancora una volta la strada dei tagli lineari, ignorando le richieste dei sindacati e delle forze di opposizione – e sarebbe il meno – ma ignora – e questo è gravissimo – i bisogni effettivi del Paese. La Flc Cgil ha avanzato proposte di modifica, alcune accolte, molte altre rimandate a… futuri chiarimenti. Ma nulla che possa cambiare la sostanza di una scelta scellerata.
Nelle regioni del Mezzogiorno in generale, e in Campania in particolare, il colpo è durissimo: 845 docenti in meno. Non per pensionamenti, non per mancanza di aspiranti insegnanti. Ma per decisione ministeriale. La scusa è la denatalità. Peccato che, invece di cogliere l’occasione per migliorare la qualità della didattica, ridurre il numero di alunni per ciascuna classe e rafforzare il tempo pieno, il Ministero dell’Istruzione e del Merito si limiti a tagliare.
In realtà, neanche le più recenti stime sulla denatalità diffuse dall’Istat fanno registrare una diminuzione di futuri alunni tale da giustificare queste misure di riduzione dell’organico e di scuole, per di più in modo indistinto su tutti i gradi di istruzione. E poi, dicevo, la denatalità dovrebbe rappresentare un’opportunità. Con meno alunni, infatti, ne risente in positivo l’insegnamento, garantendone una migliore qualità.
Anche l’associazione meridionalista 34 Testa al Sud ha aspramente criticato queste scelte. Valditara parla di «opportunità», dice 34 Testa al Sud; in realtà si tratta di opportunità per depotenziare la scuola pubblica, magari a favore delle scuole private, che guadagnano fior di quattrini, per lasciare le classi-pollaio dove sono, per rassegnarsi alla cronica assenza del tempo pieno nelle regioni del Mezzogiorno. In città come Reggio Emilia è quasi ovunque. In località del Mezzogiorno come Napoli e Palermo, invece, continuerà a essere un miraggio. Per esempio, a voler essere precisi, di fatto la riduzione dell’organico porta a un aumento delle cosiddette “classi pollaio”, con 5.909 classi nella scuola secondaria di secondo grado che contano 28 alunni o più.
Una regione come la Campania, già afflitta da abbandono scolastico, precarietà cronica e carenza di servizi educativi, viene così ulteriormente penalizzata. Meno risorse dove servirebbe di più. Meno scuola dove servirebbe più Stato. Una mazzata alla formazione, ma soprattutto al futuro, che in molte aree del Meridione è già un lusso per pochi.
Il messaggio del governo è chiaro: la scuola non è più uno strumento per cambiare il mondo, ma un capitolo di spesa da tagliare. E mentre a Roma si fanno i conti… per risparmiare, non si vuole ammettere che i soldi utilizzati per istruzione, formazione, scuola e università costituiscono investimenti che frutteranno.
Quella proposta e attuata non è una razionalizzazione, come la spacciano i nostri campioni di destra al governo, ma è una vera e propria resa dello Stato, un abbandono “in mani altre” dell’educazione e formazione degli studenti e dei giovani italiani. La società ha bisogno di più scuola, il governo ne offre di meno. È l’ennesimo schiaffo alla scuola pubblica, all’istruzione come diritto universale e all’idea stessa di giustizia sociale.
Bentornato,
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