Così agiscono gli sciacalli del pane

Il costo originale dei prodotti agricoli incide soltanto per poco più del 10% del prezzo finale al consumatore. Gli aumenti sono dovuti sia alla diminuzione di alcune materie prime a causa della guerra in Ucraina, sia al caro energia che poi, a sua volta, genera rincari a catena in tutta la filiera: trasporti, imballaggi, logistica, distribuzione. Rincari che si scaricano a valle sul prezzo finale pagato dal cittadino.

Tuttavia esiste anche un’altra causa degli aumenti di cui si parla poco: è la volatilità dei prezzi degli alimenti causata, tra gli altri motivi, anche dalla speculazione dei mercati finanziari e dalla deregolamentazione promossa in tale ambito negli ultimi anni dall’Organizzazione Mondiale per il commercio.

La finanziarizzazione di alcune materie prime alimentari funziona in sintesi così: ci sono compratori non di un bene ma solo di un’opzione di acquisto su un bene (per esempio, il grano) con una scadenza differita. Il compratore opziona il cacao a un determinato prezzo da qui a tre mesi; se poco prima della scadenza il prezzo è salito, il compratore di quella opzione, che non ha ancora versato neanche un euro (perché appunto si tratta di un’opzione), può vendere l’opzione stessa lucrando sulla differenza rispetto al prezzo originariamente pattuito, oppure può cedere il contratto a un compratore reale, guadagnando molto, senza aver versato niente in anticipo e senza aver avuto alcun rapporto con il grano o il cacao oggetto del contratto. L’investitore/compratore realizza così un profitto che prescinde totalmente dal bene alimentare sottostante al contratto.

La conseguenza di questa finanziarizzazione delle materie prime alimentari è che i prezzi dei beni agricoli e alimentari salgono e gli scommettitori/investitori che non hanno nulla a che fare con la produzione di quei beni guadagnano soldi, mentre i produttori veri e i loro dipendenti non ne ricevono nessun beneficio e i consumatori pagano un prezzo più alto per beni che in realtà costerebbero meno. Dunque, se non si ferma la finanziarizzazione, non blocchiamo una possibile e forte causa di aumento dei prezzi. Servirebbe vietare che le materie prime alimentari possano fare da sottostante a contratti di investimento e consentire l’utilizzo degli strumenti della finanza derivata solo ai produttori reali dei beni (per difendersi dal rischio di cambio o di tassi). Alcune associazioni di consumatori a fine settembre hanno inviato una segnalazione all’Antitrust con la richiesta di un’indagine su possibili speculazioni nella filiera dei prezzi per i prodotti alimentari vittime di continui rincari, inserendo anche tale elemento.

La chiave sta nella consapevolezza di come usiamo il nostro portafoglio, che dev’essere indirizzato a ricostruire un’economia che sia focalizzata più sulla qualità rispetto alla quantità e più su ciò che è vicino a noi, piuttosto su ciò che è molto lontano. Tutto ciò significa andare controcorrente e acquistare prodotti a chilometro zero, o meglio ancora “a chilometro consapevole”, anche se questi possono costare di più. I consumatori avrebbero un potere straordinario nel decidere come condizionare le classi dirigenti che determinano le evoluzioni dei mercati finanziari, ma dovrebbero prenderne coscienza per fare la differenza. Se volessimo potremmo fare molto di più, ossia creare alleanze e determinare un cambio di passo. La vera domanda che dobbiamo porci come individui e comunità è se – quando sono sul mio smartphone – devo necessariamente cliccare per acquistare. Invece posso fermarmi, contare fino a 10 e poi decidere sia se quella cosa mi serve davvero e sia se posso comprarla nella mia città, regione o nazione. Tantissimi nostri produttori hanno l’e-commerce anche loro. La fatica che spesso dobbiamo imparare a fare, se proprio vogliamo comprare online, è solo quella di spostarci da una piattaforma “mondiale”, da cui magari abbiamo preso l’idea, ad una piattaforma locale. Il comprare meno, ma comprare meglio e direttamente dal produttore, può costituire una risposta vincente alla speculazione sui beni alimentari.

È tempo che ci educhiamo ad essere cittadini prima che consumatori, a scegliere i prodotti preferendo quelli vicino a noi ed a tutelare le nostre identità anche alimentari, che vengono dal passato ma che possono fare da argine in futuro contro la speculazione finanziaria.

Antonio Pinto è avvocato e presidente di Confconsumatori

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