È difficile dire cosa si prova a trent’anni dalla strage di Capaci. Fu una botta per tutta la società, una di quelle cose che non si possono dimenticare. Il silenzio che si generò diede fine alla retorica di chi negava l’esistenza delle mafie. Come oggigiorno, in Puglia, dove qualcuno si ostina a dire che stiamo meglio che in Calabria, in Campania, in Sicilia. È così davvero?
Approfittiamo di questo trentennale per dirci alcune cose: siamo la regione con la crescita più alta di Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose e siamo la sola regione ad avere un capoluogo di provincia, Foggia, commissariato per lo stesso motivo; siamo il territorio che ha subito prima di altri un attentato importante contro la cultura, il rogo del Petruzzelli; abbiamo la vittima innocente più piccola, una bambina di poco più di due anni uccisa dalla Sacra Corona Unita; siamo la regione più esposta alle mafie dell’Est; siamo l’hub europeo della marijuana, con il Gargano a capo del narcotraffico; siamo stati noi a generare la mafia del contrabbando di sigarette. Questo per la negativa.
Il positivo c’è, eccome! Siamo la sola terra di mafia ad aver attivato un sistema capillare di antimafia sociale. Un sistema che va migliorato, certo, ma che sta oliando il meccanismo non facile dell’assegnazione e della gestione dei beni confiscati. Siamo il luogo delle sperimentazioni riuscite contro il caporalato, ben prima della legge 199 del 2016. Ci stiamo raccontando le nostre mafie con tanti libri. E siamo anche dentro una importante collaborazione tra procure antimafia distrettuali, forze di polizia e di polizia investigativa, impresa e politica.
Questi elementi ci raccontano una comunità in chiaroscuro. E cos’è la Puglia se non una fotografia mediterranea scattata a mezzogiorno, magari da Bresson, quando l’ombra è nera e il sole abbacina? I toni della nostra antimafia sono più alti che altrove, perché l’ombra della mafia è più fitta. Per dirla con Caselli, la resistenza alla mafia dev’essere più veemente dove più silenziosa è la mafia. Allora, a trent’anni da Capaci, continuiamo a far la voce grossa. Perché a furia di gridare, loro, i mafiosi, resteranno per sempre assordati.
Bentornato,
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