Davanti alla morte ogni lingua taccia. Il mistero della definitiva assenza impone sempre rispetto. Credo che ci si debba limitare a quelle considerazioni che aiutino a tracciare un profilo essenziale di Berlusconi.
E in questo sento di poter essere obiettivo perché in Senato, quando abbiamo parlato, ha sempre mostrato grande affabilità, rispetto e gradevolezza di tratto. Pur essendo leale avversario politico della sua parte, non ho mai attaccato la sua persona se non sul piano del dissenso politico e questo mi consente oggi di cogliere con serenità il senso più autentico della sua vicenda nel nostro Paese.
Nel 1994 apparve sulla scena politica italiana come una meteora e in pochissimi mesi mise su una macchina organizzativa che lo portò a vincere le elezioni: fenomeno assolutamente imprevedibile in un tempo in cui a dominare erano ancora le organizzazioni partitiche e le loro articolazioni con tutte le loro lentezze e i processi evolutivi. Fu un fulmine che cambiò per sempre la politica italiana, non dico in meglio, ma di fatto la cambiò. In fondo Berlusconi diede un’accelerazione a fenomeni che comunque si sarebbero prodotti nel tempo. Da quel momento infatti i più avvertiti compresero che la comunicazione in politica era tutto o quasi, i più ottusi pensarono che fosse un fenomeno momentaneo che si potesse abbattere opponendo le stanche liturgie organizzative di sempre. Nacque così un conflitto profondo che si estese a tutta la società italiana basato su aspetti non solo politici ma anche etici e culturali. Berlusconi, per i suoi sostenitori, era un fattore di innovazione e modernità, per i suoi detrattori non era più solo l’avversario politico da contrastare ma una figura che rappresentava in diversi campi una visione della vita e della società portatrice di involuzione e danno per il paese. Questa la ragione per cui la sua persona ha diviso profondamente e verticalmente l’opinione pubblica italiana e da questo ha origine la tendenza di molti a intrecciare lo scontro politico con attacchi personali.
Inoltre, con la sua comparsa sulla scena politica italiana, si è definitivamente radicata la tendenza a identificare la forza politica con il suo leader, per cui partiti e movimenti che vogliano farne a meno o che ne siano privi, registrano ancora oggi una seria difficoltà. Del resto Forza Italia era Berlusconi e viceversa, e di questo prenderemo atto a breve! Quanti conoscono nelle proprie città efficienti club di FI? Non ve ne sono. Eppure questo è stato per anni il partito trainante del centrodestra con percentuali di consenso altissime. Mentre dall’altra parte alcuni si ostinavano ad organizzare partecipati comizi che nel migliore dei casi mettevano insieme qualche centinaio di persone, Berlusconi con una sola uscita pubblica ne raggiungeva milioni, anche perché aveva a disposizione mezzi di comunicazione che altri non possedevano.
Tutto questo ha costituito un miglioramento della politica italiana? A mio avviso no, almeno per quanto attiene alla partecipazione attiva dei cittadini, ma è anche giusto ammettere che ormai nella democrazie moderne, anche in altri Paesi, funziona così. Basti pensare all’uso dei social che hanno ormai completamente soppiantato il rapporto interpersonale nell’azione politica ed elettorale.
In ultimo gli va riconosciuto un indubbio merito, da dividere con Romano Prodi sull’altro versante, quello di aver costruito il bipolarismo in un Paese abituato da sempre a una visione proporzionale del quadro politico. È stata la figura trainante per la costruzione della coalizione di centrodestra, certo aiutato dalla nuova legge elettorale che nel 1994 introduceva i collegi uninominali, ma anche fulmineo nell’intuire che con un voto in più si poteva governare il Paese in modo stabile. È entrato nella morte in piedi, ancora capace, nonostante la malattia, di concorrere alla politica del suo partito e della sua coalizione. Dopo i riti che lo accompagneranno alla terra, si aprirà una stagione nuova e forse diversa nell’assetto politico del Paese.