Sembra incredibile, ma l’autonomia differenziata, contro la quale partiti sindacati si scagliano da mesi, di fatto già esiste. Più che di “differenziata”, però, bisognerebbe parlare di autonomia “discrezionale”, quasi di Italia “fai da te”: un modello istituzionale che, manco a farlo apposta, porta la firma dei sindaci delle grandi città, a cominciare da Antonio Decaro.
Già, perché, negli ultimi mesi, il sindaco di Bari è apparso in disaccordo col Governo su almeno tre questioni e cioè su equo compenso, figli di coppie gay e autonomia differenziata. Nulla di strano, per carità, e nessuno si straccia le vesti se un sindaco di centrosinistra si contrappone a un governo di centrodestra. Ciò che colpisce, però, è che Decaro esprima il proprio dissenso in relazione a un articolo della Costituzione (il 116 che prevede l’autonomia differenziata), a una norma di legge in vigore (quella che vieta la trascrizione degli atti di nascita dei figli di coppie omogenitoriali nati all’estero) e a una norma di legge che potrebbe entrare in vigore a breve (quella sull’equo compenso per gli avvocati). Ed è ancora più singolare il fatto che il sindaco barese manifesti il proprio dissenso al punto tale da dirsi pronto a violare quelle stesse regole.
Lo abbiamo visto a proposito dell’autonomia differenziata. Davanti al ddl Calderoli, Decaro ha deciso di fare le barricate al pari di molti suoi colleghi. Eppure il regionalismo è previsto dalla Costituzione e la riforma che l’ha introdotto è frutto del lavoro di un governo di centrosinistra. E non risulta che il sindaco barese, nel corso della sua breve esperienza in Parlamento, si sia impegnato per fermare preventivamente l’attuazione di quell’autonomia differenziata contro la quale manifesta adesso in tutte le piazze italiane.
Capitolo secondo, i figli delle coppie gay. Decaro promette che il Comune di Bari continuerà a trascrivere gli atti di nascita, sebbene una norma di legge lo vieti espressamente e in questo senso si sia espressa pure la Cassazione. Eppure anche stavolta non risulta che, quando sedeva a Montecitorio, il sindaco barese si sia attivato per modificare una norma oggettivamente discutibile sotto il profilo della tutela dei diritti civili.
Terzo e ultimo capitolo, l’equo compenso degli avvocati. La norma non è stata ancora approvata ma, come denunciato dal deputato leghista Davide Bellomo, il Comune di Bari già chiede ai professionisti di inserire, nel preventivo della parcella, la rinuncia all’equo compenso nell’ipotesi in cui questo dovesse essere approvato dal Parlamento. Verrebbe provocatoriamente da chiedersi: Decaro farà lo stesso qualora, in un futuro più o meno prossimo, le Camere dovessero dare il via libera alla norma sul salario minimo a favore del quale il “suo” partito è apertamente schierato? Chissà.
A ogni modo, il fatto che un sindaco non condivida la linea politica del Governo è nell’ordine naturale delle cose. Non è ammissibile, però, che rifiuti di applicare una legge dello Stato, peraltro facendo di questa disobbedienza uno strumento di lotta politica. Ed è ancora più grave che ad agire in questo modo sia il presidente nazionale dell’Anci, dunque il riferimento di tutti i sindaci italiani. Così si sancisce il pericoloso principio per il quale la legge può essere apertamente e machiavellicamente violata quando non la si condivide o quando le contingenze politiche lo impongano. Anzi, di questo passo si afferma l’idea, ancora più pericolosa in una democrazia, per la quale la legge si applica agli avversari ma si interpreta per gli amici. La “disobbedienza” di Decaro, insomma, non serve ad annullare i divari territoriali né a difendere i diritti dei bambini né a garantire un compenso dignitoso a chi lavora, ma è utile solo ed esclusivamente ad alimentare il caos. E dei soliti polveroni Bari e il resto d’Italia non sanno che farsene.
Bentornato,
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