Sullo sfondo delle reazioni suscitate dall’accordo sui dazi, dopo mesi di braccio di ferro, fra Stati Uniti e Unione europea, l’Istat ha pubblicato i dati del Pil per il secondo trimestre del 2025. Sebbene la crescita tendenziale del prodotto interno lordo (Pil) abbia mostrato un lieve incremento dello 0,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, il quadro complessivo presenta segnali contrastanti. Il rallentamento della crescita rispetto ai primi mesi dell’anno, il calo congiunturale dello 0,1% rispetto al primo trimestre e la persistente attesa di rinnovo per molti contratti collettivi sono temi che meritano una riflessione approfondita per capire come si stiano evolvendo le dinamiche economiche e sociali del Paese.
Nel secondo trimestre del 2025, l’Italia ha registrato una flessione congiunturale dello 0,1% nel PIL rispetto al primo trimestre. Questo dato, purtroppo, non è un episodio isolato ma si inserisce in un quadro economico che appare complesso e che sta cercando di rimettersi in carreggiata dopo le turbolenze degli ultimi anni. La diminuzione congiunturale è stata determinata principalmente dalla contrazione dei settori primario e industriale, che hanno visto una riduzione del valore aggiunto.
Il settore agricolo, la silvicoltura e la pesca, da sempre vulnerabili alle condizioni climatiche e alle fluttuazioni dei mercati internazionali, sono stati i comparti più penalizzati. Tuttavia, nonostante il calo nel breve periodo, l’economia italiana ha registrato un incremento tendenziale del 0,4% rispetto al secondo trimestre del 2024. Questo dato mostra che, rispetto a un anno fa, l’Italia sta comunque crescendo, ma con un ritmo più lento rispetto al primo trimestre 2025, che aveva segnato una crescita tendenziale dello 0,7%. Una delle chiavi per interpretare questo rallentamento risiede nella componente estera netta, che ha avuto un apporto negativo. Le esportazioni, che in passato avevano contribuito positivamente alla crescita, non sono riuscite a compensare il calo dei consumi interni. Questo segnale suggerisce una difficoltà dell’Italia nel riuscire a mantenere un’adeguata competitività sui mercati globali, probabilmente a causa di un quadro economico internazionale più incerto e di un euro forte che potrebbe aver penalizzato le esportazioni. In termini di domanda, invece, la componente nazionale ha avuto un contributo positivo, sebbene il saldo complessivo continui a essere negativo a causa della performance estera. La crescita acquisita per l’intero anno 2025 si attesta al +0,5%, che suggerisce una moderata espansione, ma non una ripresa vigorosa.
Accanto ai dati economici, un altro elemento fondamentale per comprendere lo stato di salute dell’Italia riguarda i contratti collettivi e la contrattazione salariale. A giugno 2025, l’Italia ha visto un’intensa attività negoziale, con la sottoscrizione di dieci nuovi contratti collettivi nazionali. Questo dato evidenzia un’iniziativa positiva da parte delle parti sociali, che continuano a rinnovare gli accordi, cercando di adattarli alle nuove esigenze di mercato e di garantire un adeguato livello di protezione per i lavoratori. A metà anno, ben 7,4 milioni di dipendenti (circa il 56,3% della forza lavoro dipendente) risultano coperti da contratti collettivi per la parte economica. Tuttavia, la situazione si presenta particolarmente complessa per chi ancora attende il rinnovo del proprio contratto. Ben 31 contratti collettivi sono ancora scaduti e coinvolgono circa 5,7 milioni di dipendenti. Questi lavoratori si trovano a dover fare i conti con un tempo medio di attesa che, pur essendo diminuito per i lavoratori con contratto scaduto (da 27,3 a 24,9 mesi), continua a rimanere elevato. Per l’intera forza lavoro dipendente, il tempo di attesa è aumentato, passando da 9,8 a 10,9 mesi. Il tema dei rinnovi contrattuali è particolarmente sentito, soprattutto nel settore pubblico, dove tutti i dipendenti sono in attesa del rinnovo dei contratti, scaduti a fine 2024. Questo dato potrebbe in parte giustificare l’andamento positivo delle retribuzioni nel settore pubblico, che ha visto incrementi significativi, con alcuni settori come i ministeri (+6,9%) e le forze dell’ordine (+5,8%) che hanno ottenuto aumenti considerevoli. Tuttavia, la situazione del settore privato non è altrettanto favorevole, con i settori delle telecomunicazioni e delle farmacie private che hanno visto stagnare le retribuzioni.
Le retribuzioni orarie hanno segnato un aumento del 3,5% nel primo semestre del 2025 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In particolare, l’indice delle retribuzioni contrattuali orarie a giugno 2025 ha registrato un aumento dello 0,5% rispetto al mese precedente e un +2,7% rispetto a giugno 2024. Tuttavia, questi aumenti non sono omogenei tra i vari settori. Nel settore privato, la decelerazione del tasso di crescita è stata più marcata, mentre nel settore pubblico gli aumenti sono stati maggiori. Nonostante questo, le retribuzioni reali continuano a essere inferiori ai livelli pre-pandemia: nel giugno 2025, infatti, risultano ancora circa il 9% inferiori rispetto ai livelli di gennaio 2021. Questo gap è una testimonianza della difficoltà di recupero per molti lavoratori, nonostante i miglioramenti in alcune aree specifiche.
Il secondo trimestre del 2025 ci presenta un’Italia che, pur mostrando segni di crescita, fatica a mantenere un ritmo sostenuto. La flessione congiunturale del Pil e il rallentamento tendenziale indicano che l’economia è ancora in una fase di transizione, dove le sfide globali, le difficoltà interne e l’incertezza sui mercati esteri giocano un ruolo determinante. D’altro canto, l’intensificazione della contrattazione collettiva, che ha portato alla sottoscrizione di numerosi rinnovi, e l’aumento delle retribuzioni, soprattutto nei settori pubblici, offrono alcuni segnali di speranza per i lavoratori italiani. Tuttavia, il rallentamento delle retribuzioni reali e la persistente attesa per molti contratti rimangono aspetti critici che richiedono attenzione. Il 2025 sarà, quindi, un anno di sfide, ma anche di opportunità: l’Italia dovrà rispondere con prontezza alle difficoltà congiunturali, cercando di stimolare la competitività e di garantire un adeguato livello di protezione per i suoi lavoratori.
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