Competenze contro il gap nella sanità

Che l’Italia fosse una Nazione nella quale l’assistenza sanitaria viene effettuata con livelli di prestazioni che variano da Regione a Regione, è un fatto fin troppo noto a tutti.

Per questo motivo non siamo affatto meravigliati di leggere il rapporto del Ministero della Salute sul monitoraggio dei Lea (livelli essenziali di assistenza) che riporta che solo 11 Regioni, tra le quali la Puglia, unica regione meridionale, hanno superato il punteggio di 60 nelle tre macro-aree in esame, nelle quali si scompone la valutazione. Spieghiamo brevemente cosa sono i Lea. I Livelli Essenziali di Assistenza sono le prestazioni ed i servizi che il Ssn deve fornire a tutte le Persone, in forma gratuita o con pagamento di ticket. I Lea vengono erogati dalle risorse che lo Stato incassa attraverso il pagamento delle tasse. Tali attività, servizi e prestazioni garantiti ai cittadini vengono inseriti in tre Macro-aree che sono: prevenzione collettiva e sanità pubblica, assistenza distrettuale e assistenza ospedaliera.

Prevenzione collettiva e sanità pubblica: ad esempio ne fanno parte le attività di sorveglianza, prevenzione e controllo delle malattie infettive; le vaccinazioni; la sicurezza degli ambienti, e sui posti di lavoro; la tutela degli animali; la sicurezza degli alimenti. Assistenza distrettuale: cioè l’assistenza territoriale quindi l’assistenza sanitaria di base, l’assistenza farmaceutica, l’assistenza protesica, la specialistica ambulatoriale, l’assistenza socio-sanitaria domiciliare, residenziale, semiresidenziale. Assistenza ospedaliera: pronto soccorso, ricoveri per acuti, riabilitazione e lungodegenza, trapianti. La valutazione viene fatta analizzando alcuni indicatori che esprimono la qualità dell’assistenza erogata. La somma dei dati numerici derivanti dall’analisi di questi parametri porta ad un numero totale che se è maggiore di 160 viene giudicato in maniera positiva, più è alto, migliore è l’assistenza sanitaria erogata alle Persone. Il contrario sotto il valore limite di 160. Trovare che nel rapporto tutte le Regioni Meridionali, tranne la Puglia, si trovano a non aver soddisfatto positivamente tutte le macro-aree e che la Calabria non ha positivamente superato le soglie in nessuna tre soglie, non ci meraviglia neanche un po’. Sono anni che diciamo che il Fondo Sanitario Nazionale non è distribuito secondo le reali necessità regionali ma assegnato secondo una anacronistica suddivisione per età che non tiene conto dell’indice di deprivazione (povertà e di patologie croniche) che affligge gli abitanti delle regioni meridionali. Sono troppe le carenze presenti nelle regioni più povere, evidentemente le meridionali, da poter credere che l’assistenza sanitaria potesse essere soddisfacente per i loro abitanti. Il Gap riguarda le infrastrutture vetuste, la presenza di molte di macchine diagnostica obsolete, ritardi nell’acquisto di nuove tecnologie e di informatizzazione delle strutture, scarso ricorso alla telemedicina, carenza di personale, scarsa adesione delle persone agli screening ed alle campagne vaccinali, e così via. Ci preme sottolineare che in alcuni casi non è solo questione di scarsità delle risorse, ma anche di adeguata cultura sanitaria. Non aderire agli screening regionali per la prevenzione di patologie importanti, o alle campagne vaccinali, fare ricorso inappropriato ai pronto soccorso, fare abuso di antibiotici o sperpero di farmaci, non dipende dalle ristrettezze economiche ma da come siamo complianti di fronte a situazioni che prevedono comportamenti maggiormente responsabili.

Un ruolo importante in questa politica sanitaria inerente il welfare è svolta da chi amministra la sanità regionale. Avere persone competenti nei ruoli chiave che si occupano di programmazione dell’attività sanitaria e gestione delle risorse ha sicuramente una grande rilevanza. La visione globale di sapere quali sono gli obiettivi da raggiungere e come arrivare ad ottenere il massimo risultato con il capitale investito, fa la differenza. Occorrono persone di provata esperienza, che conoscono i problemi e sanno affrontarli con le adeguate competenze. Il risanamento dei deficit delle regioni meridionali in sanità è una impresa ardua, ma non per questo non bisogna investire risorse per garantire una buona sanità alle persone. Sicuramente il percorso è accidentato, però bisogna farlo. I calabresi meritano la stessa sanità dei lombardi. Una centralizzazione della salute sarebbe stata, sicuramente, meglio rispondente alle esigenze di tutti gli italiani. Ho già espresso la mia perplessità sul regionalismo differenziato in sanità. La sua attuazione porterà a 21 sistemi sanitari regionali diversi. Le regioni più ricche, quelle del centro nord, potranno garantire ai propri residenti una assistenza sanitaria di gran lunga superiore a quella spettante ai cittadini del centro sud. Avremo una assistenza sanitaria a macchia di leopardo con un nord che correrà sempre veloce e che risulterà fortemente attrattivo per gli ammalati del sud che, con la loro mobilità passiva (prestazioni sanitarie ricevute in altre regioni) porteranno ad un ulteriore rimpinguamento del fondo sanitario per le regioni del centro-nord conseguente al ripianamento delle spese dovute da parte di quelle del centro-sud.Non è la competenza dei professionisti che manca al Sud ma il contesto dove e come lavorare. Finché le carenze denunciate non scompariranno, non cambierà neppure il rapporto annuale sui Lea e, di conseguenza, continueremo a non meravigliarci.

Franco Lavalle è vicepresidente dell’Ordine dei medici di Bari

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