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Ci vuole coraggio

Per affrontare un nuovo anno ci vuole coraggio, fantasia ed una buona dose di ottimismo. Guai a lasciarsi andare ai cattivi pensieri, alle nubi fosche ed all’essere o non essere di shakespeariana memoria. Anche perché Amleto, in quel soliloquio, non ha paura di morire, ma di agire.

Ecco, speriamo che il 2022 ci faccia fare le scelte giuste ed agire nel migliore dei modi. A cominciare dal nuovo Presidente della Repubblica. L’uscente Mattarella, che non finiremo mai di ringraziare per la sua obiettività, nel discorso di fine anno è stato chiaro sul suo successore, sottolineando che dovrà: “spogliarsi di ogni precedente appartenenza e farsi carico esclusivamente dell’interesse generale, del bene comune come bene di tutti e di ciascuno”. Parole dette in tv, ma scritte sulla pietra per far capire, a chi ancora non l’ha capito, che la salita al Colle non potrà e non dovrà limitarsi ad essere una gara a chi ha il sondaggio migliore.
Il nuovo inquilino del Quirinale dovrà innanzitutto rimettere in piedi un Parlamento sempre più delegittimato e chiamato a dire la sua solo quando la sua scelta non è fondamentale per l’iter della legge o dei desiderata del Governo; continuare, come il suo predecessore, a favorire il nome dell’Italia sullo scacchiere internazionale; traghettare il Paese verso le nuove elezioni. Ma soprattutto, dovrà essere uno di noi e non uno di loro. Una personalità che in nome della governabilità non si pieghi al cosiddetto “blocco unico”; che non esalti, anzi provi a smorzare, i conflitti di interesse; che combatta contro le mance a questo o a quel campanile di appartenenza; che porti il futuro governo sulla strada della rettitudine onde evitare che il debito pubblico continui a crescere a dismisura. Il nome ricorrente è dappertutto.
Draghi qui, Nonno Mario là, Mario Draghi sei tutti noi ecc. ecc. Ma attenzione, l’uomo in sé è un modello di civil servant, per carità, ha posto la sua competenza al servizio della collettività, eppure, come tutti noi, non è perfetto, ma perfettibile. Cito sommessamente e poi mi taccio (come direbbe Giorgia Meloni), la riforma del Fisco. Che senso ha avuto realizzarla con poche risorse a disposizione senza una radicale trasformazione? Perché non si è pensato a proteggere ed assistere maggiormente i lavoratori della cosiddetta “no tax area”, ovvero quegli italiani che stanno in mezzo tra i redditi medio alti e quelli bassi o quasi inesistenti (che godono del reddito di cittadinanza) e che ogni santo giorno, anche nel 2022, dovranno portare il pane a casa spesso senza cautele assistenziali? Non a caso li chiamano “working poors”, lavoratori poveri. Ecco, il nuovo Presidente della Repubblica, prima di diventare tale, al fine di non alimentare disuguaglianze, farà bene a correggere il tiro (ove mai possibile).

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