“C’è ancora domani” per parlare di una questione femminile che ogni giorno è un percorso ad ostacoli? Dico con tutte le forze sì, e aggiungo: non solo domani. Tutti giorni. Anche grazie a questo straordinario mezzo d’informazione, fino a quando sarà possibile, daremo voce (cercando ove possibile soluzioni) a quel disagio comune su cui sappiamo benissimo che non c’è solo bisogno di parole nella data scelta per ricordare il sacrificio delle donne. Le donne vittime di femminicidi, di soprusi, di violenze; le donne che perdono il lavoro perché aspettano un figlio; le ragazze rappresentate con immagini volgari da tanti mass media; le adolescenti che hanno paura di conquistare la libertà, le bambine che in certi contesti sono ancora orientate a giocare solo con giochi considerati da femmina.
E dunque, per rafforzare il concetto dell’importanza dell’agire tutti gli altri 364 giorni dell’anno oltre “la giornata della donna” (e non la festa), abbiamo voluto richiamare l’attenzione sul fatto che è possibile raccontare, anche in un giorno qualunque, tutto quello continua a frenare quel percorso di parità e di rispetto che sarebbe il minimo sindacale a cui puntare per migliorare la società. Va da sé che domani daremo conto dello sciopero, delle manifestazioni e delle voci che si leveranno a denuncia di gap che strozzano la qualità del futuro delle donne. Ma farlo oggi, ci fa sentire ancor più a disposizione per agevolare azioni e fatto concreti senza che ci sia bisogno di aspettare “l’ora X” per alzare la voce.
E poi non vogliamo perdere tempo perché le donne continuano a morire per mano degli uomini e l’opinione pubblica è sempre più sovrastata da una pericolosa apatia. Secondo l’Oms, la violenza di genere coinvolge circa un terzo delle persone di sesso femminile in tutto il mondo, indipendentemente dal livello di istruzione, dalla classe sociale e dal reddito. Non si tratta solo di violenza fisica o psicologica: anche esperienze negative sul luogo di lavoro possono contribuire a farci sentire insicure e vulnerabili. Leggendo il nostro primo piano capirete che anche le donne di potere sono messe peggio pagano dazi amari, come quelle che rivestono ruoli minori. Gli stessi. Avance esplicite indesiderate (43%), di cui sono state vittime il 64% delle imprenditrici e il 54% delle dirigenti, e le richieste di natura sessuale non gradite o non sollecitate (27%), che hanno riguardato il 45% delle imprenditrici e il 35% delle dirigenti.
E allora che fare? Serve mantenere il punto sulle politiche di genere nelle istituzioni e nelle aziende, per creare una cultura organizzativa che favorisca il rispetto e non possa prescindere dalla presenza femminile. Non quote o affidamenti di facciata, ma ruoli decisionali perché solo conoscendola la realtà, la si può cambiare.