Se si cita un autore, tanto più importante come Voltaire, bisogna farlo usando le parole da lui pronunciate; se ci si lancia in opinioni su un fatto accaduto, è necessario conoscerlo prima di raccontarlo. E, se si decide di attaccare le istituzioni, almeno che si conosca l’abc del loro funzionamento. Tanto più se si è docenti. Andando in ordine, in “Qualcuno spieghi a Valditara che il dissenso è un’enorme risorsa”, pubblicato ieri su questo quotidiano, si leggono una serie di grossolani errori che vi chiedo di precisare nel rispetto di chi legge il vostro giornale ma anche di chi lo fa.
Andiamo in ordine: chi ama Voltaire, come me, salta sulla sedia nel leggere il testo pubblicato a pagina 27. Difficile capire come l’autore sia riuscito a riportare male una delle frasi più usate ed abusate in Italia quando si punta ad un fair play vanitoso. Scrivendo “Potrai dire tutto il male di me, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di dirlo”, Francesco Minervini intendeva di certo riferirsi a “I disapprove of what you say, but I will defend to the death your right to say it”, riportata però in modo davvero pessimo. Ancora più grave è che la frase non sia di Voltaire: è una falsa citazione, come ha più volte chiarito Charles Wirz, conservatore de “l’Institut et Musée Voltaire” di Ginevra. Non so cosa insegni Minervini, ma un docente dovrebbe saperlo: la frase in realtà è di Evelyn Beatrice Hall. Gli insegnanti dovrebbero aiutare gli studenti a riconoscere le fake news del presente, non certo aggiungerne altre anche nel passato. Nello specifico, Evelyn Beatrice Hall scrisse questa frase in due opere dedicate a Voltaire (“The Friends of Voltaire”, nel 1906 e “Voltaire In His Letters”, nel 1919) ma è dal lontano ’39 che ha chiesto pubblicamente scusa a tutti per aver usato le virgolette. Lei stessa ha specificato (in una lettera del 9 maggio 1939, pubblicata nel 1943 nel tomo LVIII con il titolo “Voltaire never said it”, a 534, sulla rivista “Modern language notes”, della Johns Hopkins Press) che non si trattava di una citazione autografa di Voltaire. Eppure, ancora c’è qualche docente che non lo sa.
Secondo errore: l’opinionista parla di “spropositata vendetta di Valditara”. Possibile che un docente non sappia come funziona il sistema nazionale di istruzione? Possibile che non sappia che il ministro non ha alcun potere di punire? Sono i dirigenti scolastici e, nei casi più gravi, gli Uffici scolastici regionali, gli unici titolati a comminare sanzioni ai docenti. E come mai quando, nel 2020, un docente fu licenziato per avere insultato il ministro Azzolina sui social nessuno scese in piazza a difenderlo? Dovrebbe essere noto che questa è solo una delle sanzioni che normalmente gli Usr comminano perché rientra tra i compiti dell’ufficio regionale. Per settimane sui giornali si è parlato delle sanzioni che nel mio liceo sono state comminate in risposta al saluto fascista posto in essere da due ragazzi, ma nessuno ha mai messo in dubbio il fatto che la scuola possa e debba avere potere sanzionatorio. Perché per l’Usr sì? Perché per studenti e docenti dobbiamo avere due pesi e due misure? Perché i docenti non possono essere sanzionati se violano il codice deontologico, e in definitiva proprio i principi costituzionali sul comportamento dei dipendenti pubblici?
Mi spiace per i giovani che sono stati strumentalizzati, ma è novembre, da sempre il mese delle occupazioni, e mistificare i fatti fa comodo per chi vuole una scusa per scendere in piazza.
L’intera pagina da voi pubblicata si fonda su una ipotetica difesa del diritto di critica. Sacrosanta, peccato che il diritto di critica non c’entri nulla con la vicenda esposta da Minervini. Siamo nel campo degli insulti e delle minacce. E chi lo dice che un atto verbale del genere non possa innescare contro il ministro qualche mente malata? In epoca di bullismo quello di Raimo è un pessimo esempio: si tratta di bullismo contro le istituzioni. Usare la violenza verbale contro una persona, in questo caso il ministro, cioè l’istituzione scuola, non è forse quel bullismo che tanto stiamo avversando nelle scuole? Raimo non è il docente che ha pubblicamente detto che picchiare un avversario politico è giusto? Vi sembra un pensiero compatibile con la missione del docente? La scuola deve togliere violenza dalle nostre aule, non esaltarla. Né strumentalizzare i giovani a servizio di una idea senza fondamento: tutti i ministri dell’istruzione, di qualunque colore politico, conoscono il dissenso e la contestazione, sin dal primo giorno di insediamento. Non è a loro che si può indirizzare questa accusa.
Infine, ma questa è davvero solo una caduta di stile (ma che la dice lunga): nel pezzo, il docente scrive: “Scialla, calmati” diretto al ministro. Può un docente esprimersi così? Tanto più su un giornale? Non è forse necessaria una riflessione anche su questo?
Anna Maria De Luca è dirigente scolastico del liceo “Montessori” di Roma