L’autonomia differenziata, così come è stata concepita nella recente riforma, presenta numerose criticità che richiedono una riflessione e una revisione profonda. Sebbene l’autonomia possa rappresentare un’evoluzione naturale del nostro sistema amministrativo, l’implementazione prevista rischia di aumentare le disuguaglianze tra le regioni e di generare costi aggiuntivi per i cittadini.
Uno dei problemi principali risiede nella possibilità di una duplicazione delle strutture amministrative, che potrebbe comportare un aumento dei costi anziché una loro riduzione. Questo rischio è particolarmente evidente nelle funzioni che lo Stato potrebbe dover mantenere, portando così a una moltiplicazione delle spese per la gestione pubblica. La maggioranza politica, con in testa la Lega, sostiene che la riforma non comporterà un aumento dei costi, ma le preoccupazioni sollevate indicano che potremmo assistere a una duplicazione delle strutture amministrative e, di conseguenza, a un incremento delle spese.
Attualmente, il sistema tributario italiano è fondato sulla progressività fiscale e sulla redistribuzione della ricchezza a livello nazionale. L’autonomia differenziata, però, potrebbe frammentare questo principio, provocando disparità nel finanziamento dei servizi pubblici tra le diverse regioni. Tale frammentazione potrebbe accentuare le differenze economiche e sociali tra le aree più ricche e quelle più povere del Paese.
In questo contesto, si inseriscono anche le recenti dinamiche fiscali, come la costante crescita dei contribuenti forfettari e l’introduzione della Flat Tax sul reddito incrementale per i contribuenti che aderisco al nuovo accordo con il fisco. Questi strumenti, pur avendo l’obiettivo di semplificare e ridurre il carico fiscale per alcune categorie di contribuenti, sottraggono entrate ai comuni e alle regioni. La Flat Tax, infatti, è un’imposta sostitutiva che rimpiazza anche le addizionali comunali e regionali, riducendo così le risorse a disposizione degli enti locali per finanziare i servizi pubblici. Il concordato preventivo biennale, che accompagna la Flat Tax, contribuisce ulteriormente a questa erosione delle entrate, minando la capacità dei comuni e delle regioni di garantire servizi equi e di qualità.
La gestione della sanità a livello regionale ha già mostrato evidenti limiti, soprattutto nel Sud, dove le disuguaglianze nell’accesso e nella qualità dei servizi sanitari sono più marcate. L’ulteriore regionalizzazione della sanità rischia di amplificare queste disuguaglianze. Già oggi, le differenze tra le regioni nel sistema sanitario sono significative e peggiorare ulteriormente questo scenario sarebbe inaccettabile.
Analogamente, l’istruzione è un settore che – a mio parere – deve rimanere centralizzato per garantire un’uguaglianza di opportunità educativa su tutto il territorio nazionale. La differenziazione delle competenze educative potrebbe portare a sistemi scolastici regionali di qualità variabile, creando ulteriori disuguaglianze socioeconomiche. La frammentazione del sistema educativo potrebbe compromettere la coesione nazionale e l’equità sociale.
Una possibile soluzione potrebbe essere il rafforzamento delle competenze dei comuni e delle province storiche, che sono gli enti di prossimità più vicini ai cittadini. Questi enti potrebbero gestire in maniera più efficace e diretta le risorse e le competenze, rispondendo meglio alle esigenze locali. Eliminare i corpi intermedi come le regioni, che hanno spesso fallito nella gestione delle risorse, potrebbe contribuire a una maggiore efficienza e trasparenza amministrativa.
La mobilitazione per il referendum abrogativo della legge sull’autonomia differenziata evidenzia quanto sia sentito e controverso questo tema. In pochi giorni, è stato raggiunto l’obiettivo delle 500mila firme necessarie per proporre il quesito referendario, grazie all’impegno di partiti, forze sociali e associazioni. Questo evento rappresenta un momento significativo per la democrazia italiana, dimostrando che la popolazione è presente e attiva. Quando la politica si fa sentire ed è vicina ai problemi della gente, la partecipazione elettorale diventa tangibile. È un bellissimo momento di democrazia che tanto manca al nostro paese, un segnale potente di partecipazione popolare contro una riforma considerata divisiva e pericolosa.
L’autonomia differenziata, per essere veramente efficace e giusta, dev’essere ripensata con una visione che parta dai territori, dando maggiori poteri ai comuni e alle province, eliminando le inefficienze create dalle regioni, e garantendo un’equa distribuzione delle risorse a livello nazionale. L’Italia ha bisogno di una nuova visione di paese, unita nella diversità, ma equa e giusta per tutti.