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Bonifiche, lavoro pulito e riciclo: così si risolve il problema dei rifiuti

In Campania, come in alcuni territori della Puglia e di altre regioni, l’emergenza rifiuti non è finita. È cambiata forma: non più cumuli in strada, ma montagne di ecoballe accatastate nei siti di stoccaggio. Il problema resta, solo più nascosto.

Il simbolo più drammatico è ancora la Terra dei Fuochi: una zona tra Napoli e Caserta dove inquinamento, roghi tossici e illegalità continuano a mettere in pericolo salute e ambiente. A più di 15 anni dalla grande crisi del 2008, la situazione è allarmante: più di 5 milioni di ecoballe ancora da smaltire, roghi di rifiuti in aumento (+20% in un anno) e dati sanitari inquietanti, con un eccesso di tumori e malformazioni in diversi comuni. E discariche ancora in funzione. In questo scenario si continua a puntare sul termovalorizzatore di Acerra, entrato in funzione nel 2009 e oggi gestito da A2A.

L’impianto brucia 700mila tonnellate di rifiuti l’anno e produce energia elettrica per circa 200mila abitanti. Ma è davvero questa la soluzione? Dopo 15 anni, le ecoballe ci sono ancora e l’impianto non basta. Anche perché molte ecoballe, per come sono fatte, non sono nemmeno adatte alla combustione. Il termovalorizzatore non è inutile per l’emergenza, ma non è il futuro. Il vero problema è che manca un piano regionale serio e moderno. La raccolta differenziata è ancora troppo bassa, soprattutto in alcune aree sotto il 40%, e mancano impianti di compostaggio, selezione e riciclo. In più, i costi dello smaltimento delle ecoballe sono altissimi, oltre 500 milioni di euro, con ritardi e inefficienze già segnalati dalla Corte dei Conti. E mentre si cercano soluzioni, la gente continua a respirare fumi tossici. Il caso di Acerra ha acceso il dibattito politico. Per la destra e parte dell’amministrazione regionale, il termovalorizzatore resta centrale anche per il futuro.

A sinistra, la posizione è più sfumata: si riconosce la necessità dell’impianto come soluzione d’emergenza, ma si rifiuta l’idea che diventi permanente o si replichi altrove. C’è una richiesta chiara: puntare su impianti di riciclo, sulla riduzione dei rifiuti alla fonte, sulla bonifica dei siti inquinati. E c’è anche un rimprovero: nonostante le buone intenzioni, nessun governo regionale o nazionale è riuscito finora a cambiare davvero rotta. La stessa Europa ha condannato l’Italia.

Secondo la Corte europea dei diritti dell’uomo, lo Stato ha violato il diritto alla vita dei cittadini campani, non intervenendo per anni su un problema noto e grave. È stato ordinato un piano di interventi strutturali, ma il governo è arrivato a ipotizzare persino un ricorso contro la sentenza. A fronte di tutto ciò, qualche esempio positivo. A Giugliano, nel cuore della Terra dei Fuochi, un’azienda produce compost e biogas da rifiuti organici, creando energia pulita e fertilizzanti. Al Nord, il Centro Riciclo di Vedelago, prima di fallire nel 2015, aveva mostrato che è possibile recuperare il 99% dei rifiuti, persino quelli non riciclabili, trasformandoli in nuovi materiali come il granulato utilizzato per realizzare prodotti come bancali, dissuasori di velocità e sedute per sedie.

Questa interessantissima esperienza è stata penalizzata, fino al fallimento, oltre che da una gestione societaria insufficiente e addirittura collusa con la malavita, anche da un mercato distorto. Come documentato da Report, aziende asiatiche riescono a immettere sul mercato europeo plastica “riciclata” a costi irrisori, lavata in condizioni igieniche inaccettabili, spesso riutilizzata persino per oggetti destinati ai bambini. Una concorrenza “pericolosa” che va stroncata. Servono poi, soprattutto, investimenti pubblici strutturali a favore di impianti di riciclo avanzati, trasparenti e socialmente controllati, che valorizzino i rifiuti in loco e riducano la dipendenza dall’incenerimento. A dispetto dei tentativi dei neoliberisti italiani attualmente al governo, ed europei in genere, di allentare le norme sul Green Deal, i territori come la Terra dei Fuochi non hanno bisogno di più fumi e discariche, ma di bonifiche vere, lavoro pulito e una filiera industriale del riciclo degna di un’Europa che voglia chiamarsi “green”.

I problemi da risolvere sono di varia natura: di contrasto alla criminalità, quindi di legalità; di salvaguardia della salute di milioni di cittadini; non ultimo, quello di eliminare i milioni di ecoballe presenti nell’area; la messa in campo di politica e finanziamenti pubblici per la creazione, il miglioramento e l’incentivazione, di impianti di riciclo avanzati, come quelli che ho descritto. La Terra dei Fuochi non può aspettare oltre, non deve più bruciare.

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