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Bellomo vede solo i Decaro, ma tace su Meloni e De Luca

Antonio Decaro alla guida della Regione e il fratello Nicola al vertice dell’università “Aldo Moro”? La prospettiva toglie il sonno a molti, a cominciare da Davide Bellomo, deputato barese che ha recentemente abbandonato la Lega per “accasarsi” in Forza Italia. Secondo il parlamentare barese, la possibile contemporanea elezione di Antonio e Nicola Decaro comporterebbe una concentrazione di potere nelle mani dei due fratelli e determinerebbe nomine e finanziamenti ispirati a logiche familistiche più che a criteri di trasparenza e meritocrazia.

Nello stesso tempo, però, Bellomo tace su una serie di casi che, tanto nel centrodestra quanto nel centrosinistra, hanno fatto gridare molti al familismo. Due su tutti: quello di Arianna Meloni, capo della segreteria politica di Fratelli d’Italia, sorella della premier Giorgia e per lungo tempo compagna del ministro Francesco Lollobrigida; quello di Piero De Luca, parlamentare del Partito democratico e figlio del governatore campano Vincenzo.

Anche in questi casi, secondo il ragionamento di Bellomo, ragioni di opportunità avrebbero dovuto suggerire un passo indietro ai diretti interessati. Ma sarebbe stato giusto imporre ad Arianna Meloni di defilarsi, all’interno del partito, per consentire all’ormai ex compagno di entrare a far parte del Governo (o viceversa)? Allo stesso modo, sarebbe stato logico soffocare le legittime ambizioni di De Luca junior alla luce della (ingombrante, effettivamente) presenza del padre? La risposta è no e, se vale per Meloni e De Luca, deve valere anche per i Decaro. E non basta, per superare la contestazione di familismo, appellarsi al comunitarismo come molti esponenti di centrodestra e centrosinistra hanno tentato di fare in passato.

Non bisogna dimenticare, infine, una differenza sostanziale: a giudicare i profili dei Decaro e l’opportunità di una loro contemporanea candidatura saranno gli elettori. Nel caso della Regione Puglia e dell’università “Aldo Moro”, infatti, quegli stessi elettori avranno la possibilità di esprimere la propria preferenza. Non come avviene per il Parlamento, dove deputati e senatori vengono “catapultati” dalle segreterie di partito senza che gli elettori possano scrivere il loro nome sulla scheda.

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