Le città italiane più pericolose non sono dove le immagini. Se ti chiedo di pensare alla criminalità, probabilmente il Sud Italia è il primo luogo che ti viene in mente. Ma le statistiche recenti ci offrono uno spaccato della realtà che sfida questi pregiudizi radicati: Milano, Roma e Firenze si contendono il podio dei reati denunciati, mentre Napoli si piazza solo al dodicesimo posto, lontana dalle vette più alte.
Perché accade questo? Come mai le città del Nord, che associamo al progresso e alla modernità, sono anche le più inclini alla criminalità denunciata? La risposta è tutt’altro che banale e apre la strada a una riflessione profonda sulle diverse nature della criminalità, della società e della cultura della denuncia tra Nord e Sud. Milano, capitale economica del paese, si conferma la città più pericolosa in termini di reati denunciati, con oltre 7.000 crimini ogni 100.000 abitanti. Roma la segue a ruota, con un incremento preoccupante del 16,7% rispetto al 2019.
Ma cosa si nasconde dietro queste cifre? La spiegazione è duplice. Da un lato, le città del Nord attraggono enormi flussi di persone: turisti, city users, lavoratori in trasferta. Questi movimenti alimentano i reati predatori, come furti e rapine, che sono più facilmente denunciati rispetto ad altri tipi di crimine. Ma il dato più significativo è la propensione alla denuncia. Nelle città del Nord, il “senso civico” è più sviluppato, e la popolazione tende a denunciare anche i piccoli reati. l contrario, nel Sud, la malavita, la cultura dell’omertà e una sfiducia storica nelle istituzioni spesso scoraggiano i cittadini dal fare lo stesso.
Napoli, per esempio, registra solo il 43% delle denunce rispetto all’intera area metropolitana, valore bassissimo se confrontato con Roma (80%) o Firenze (83%). L’apparente minor tasso di criminalità al Sud non significa automaticamente che queste siano aree più sicure. Esiste un mondo di reati sommersi, legati soprattutto alla criminalità organizzata, che rimangono fuori dalle statistiche ufficiali.
L’omertà, radicata in molte comunità del Sud, fa sì che molti crimini non emergano, specialmente quelli legati al racket e alle estorsioni. Non è un caso che alcune delle tipologie di crimine più comuni nel Sud, come furto di motocicli o contrabbando, siano fenomeni specifici che sfuggono al radar delle denunce. Ciò che emerge, quindi, non è tanto una criminalità meno presente, quanto una criminalità meno visibile che richiede una maggiore attenzione da parte delle istituzioni e della società civile per venire alla luce. Di fronte a questi dati, è doveroso chiedersi: cos’è la sicurezza? È un luogo dove meno persone denunciano reati, o dove le istituzioni sono più capaci di rispondere alla criminalità? Se giudichiamo solo dalle statistiche, rischiamo di perdere di vista il quadro complessivo.
In un Sud ancora intrappolato tra vecchie dinamiche criminali radicate e una persistente mancanza di fiducia nelle autorità, la criminalità si nasconde sotto la superficie, mentre al Nord, la densità demografica e il dinamismo economico e turistico portano alla luce ogni piccola infrazione. In definitiva, il dato più allarmante non è che il Nord sia più pericoloso del Sud, ma che le percezioni e le statistiche non riescano a cogliere pienamente la complessità del fenomeno. È giunto il momento di una riflessione più profonda su cosa significhi realmente sicurezza in Italia, abbandonando stereotipi logori e cercando soluzioni che vadano oltre i numeri, per affrontare una realtà sfaccettata e complessa.
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