Non si trova negli Annali un’iniziativa civile promossa dal Consiglio comunale di Bari che, prima della recente dichiarazione di non-gradimento di Israele in Fiera del Levante, abbia creato un nervosismo così convulso dall’ultimo agit-prop di provincia che pesta sui tasti sotto l’ombrellone a Pane e Pomodoro fino a, nientemeno, un’ambasciata a Roma.
Perché?
Chiunque abbia un po’ di dimestichezza con la politica lo ha già capito: perché Bari “ci ha preso”, Consiglio comunale e Sindaco e Città hanno intuito un’iniziativa pacifica in grado di suscitare un vero stop di riflessione nel governo fascistizzato di Israele. Una completa resipiscenza? La fine dello sterminio il giorno dopo? Certamente no, e nessuno si illudeva di tanto, ma una scintilla può incendiare la prateria, e l’esempio è già sotto gli occhi di cento altre grandi città che possono intravedere la stessa leva che abbiamo visto a Bari: fermare i commerci provoca agitazione e allarme nel quartier generale coloniale, che ha messo mano alla leva del cambio e ha accelerato sulla propaganda, mettendo alla frusta i suoi terminali.
Quali sono i canali (e le famiglie di argomenti) che la Hasbara ha potenziato con l’occasione? Ne abbiamo individuati tre. Del canale “social” e del canale “VIP” vi parleremo in prossimi post. Qui attiriamo la vostra attenzione sul canale più gonfio di cinismo e di propaganda: l’ambasciata.
Il canale a diretto contatto telefonico con Netanyahu è l’ambasciata israeliana. Che ha scelto gli argomenti più surrettizi, e si è dovuta muovere di corsa – mai prima – per un agghiacciante motivo: la strategia di annessione definitiva della Cisgiordania, con altri 3.700 coloni “che costruiranno la bara definitiva dello Stato Palestinese” (ministro Smotrich) all’ambasciata non l’hanno appresa come noi dai telegiornali di oggi. L’apparato di comunicazione di un paese in guerra presidia il mondo e tiene informate le sue “stazioni” all’estero.
La strategia di comunicazione coloniale (quella che negli anni Trenta si chiamava Propaganda e oggi è la Hasbara ebraica) è tempestiva: l’iniziativa barese può essere per i razzisti suprematisti israeliani pericolosissima se si replica altrove, in Comuni, fiere, saloni, hub commerciali in Italia, proprio nell’imminenza dell’operazione definitiva in Cisgiordania. Bisognava rispondere subito ai massimi livelli.
Non era più questione da spacconate dei consoli onorari, ci voleva l’ambasciata. La quale non usa la terminologia social ai limiti del teppismo, bensì viene a immischiarsi a valutare le conseguenze economiche per la Puglia. Tralasciando la facile battuta che ci fa pensare che quando Israele si preoccupa di una regione bisogna mettersi il giubbotto antiproiettile e correre ai rifugi, il cinismo salta agli occhi.
L’ambasciata dice semplicemente che in sostanza si tratta di soldi, chiede che si lasci Israele a fare il lavoro sporco – cit. Merz – ed esorta a voltarsi dall’altra parte e seguitare a comprare – esemplifichiamo – i loro meloni. I caratteri vili – ce ne sono anche a Bari – si lasciano convincere.
Spiace che sulla buccia di banana sia scivolato anche il deputato Stefanazzi, che certamente vile non è ma distratto – o timido come molta sinistra – è assai.
E l’ambasciata passa dal cinismo alla ferocia quando tira fuori la questione dell’acqua (Porro ha abboccato subito) e vanta i progressi israeliani nel settore e una fantasticata collaborazione sul tema con la Puglia.
Vanta molte cose e molto vaghe, e vorremmo finalmente sapere qualche nome di progetto, località, impianto, esperimento, realizzazione fatta in comune Puglia-Israele (AQP o Regione possono dirlo?) uscendo da questi continui generici rimandi “all’acqua” che ormai hanno un sapore minaccioso.
In attesa di sapere, è utile ricordare ciò che Israele fa con l’acqua in Palestina ed è stato denunciato da decenni dall’Autorità Nazionale Palestinese, oggi in rovina.
Le due mappe sottostanti, accostate in unica foto, indicano a sinistra la macro distribuzione dei corpi idrici nel territorio di Palestina e Israele presi insieme, e poi a destra la rete di emungimento dal sottosuolo (in nero) e la rete di riutilizzo dei reflui agricoli (in rosso) a ridosso della Striscia: da anni l’Autorità Nazionale Palestinese denuncia come l’intera ingegnerizzazione delle acque da parte di Israele punta a depauperare la falda sotterranea prima che arrivi nel sottosuolo di Gaza e arginare scorrimento e percolamento di superficie prima che attinga i terreni della stessa Gaza, attenuando l’aridità.
Non stiamo riproducendo mappe d’epoca di fonte ANP: sono mappe aggiornate oggi disponibili nei siti israeliani linkati nel primo commento. L’ambasciata sventola minacce… della più bell’acqua. Noi siamo con Vito Leccese.
(Convochiamoci per Bari)
Bentornato,
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