La vicenda delle aree interne italiane vice ormai una condizione kafkiana. Fiume di parole e di inchiostro per non produrre nulla solo inutili aspettative. Nelle aree interne meridionali e nei piccoli Comuni anche dei Monti Dauni sono atterrati centinaia miliardi prima e milioni di euro dopo e lo spopolamento e l’abbandono continuano senza pietà.
Il tema da svolgere è semplice e complesso nelle stesso tempo. Chi pensa e propone ricette salvifiche dentro un recinto di regole, sbagliate, desuete, inutili, mente sapendo di mentire. Il dramma delle aree interne e dei piccoli Comuni è tutto dentro la logica perversa dei numeri e del costo beneficio. Un sistema che le società di questo tempo non possono più tollerare per che non tiene conto di una taglio radicale delle nascite, dell’aumento fuori controllo dell’età di vita e di una “torsione sociale” sempre più devastante.
Le aree interne e i piccoli Comuni hanno bigino di “legislazione differenziata” altro che “autonomia differenziata”.
Quali sono i punti fondamentali per ripartire: istruzione e sanità pubblica. Poi viene di fatto tutto il resto. Fino a quando si ragionerà sui numeri minimi per una classe o per una scuola. I numeri per un medico di famiglia per le aree interne non c’è futuro. L’istruzione e la sanità come pilastri di una società che prova a reinventare un modello che ha nella tradizione e nell’innovazione il suo scrigno di tesori.
Solo una fortissima Europa politica e dei popoli salverà le aree interne non come luoghi panda ma come risorsa di un Continente capace di guidare processi di cambiamento sul Pianeta. Una legislazione europea differenziata per le aree interne con regole chiare non dipendenti dai numeri, istituzioni ordinate di ogni ordine e grado realmente presente sui territori che dai territorio sviluppano e immaginano una strategia complessiva di sviluppo.
Oggi le misure comunitarie sono sbagliate, improduttive e contraddittorie per grave responsabilità delle Regioni e di un sistema parcellizzato e confusionario di norme che uccidono le speranza di sviluppo. Il Pnrr è totalmente fallito, le aree interne non hanno toccato palla se non per la spesa improduttiva, fallimentare, clientelare tipica del nostro peggiore Mezzogiorno d’Italia.