C’è chi organizza festival di cinema, chi festival jazz, chi raduni di street art. E poi c’è Foggia, che ha inventato il suo: il Festival del Furto agli Artisti.
Un evento non dichiarato, senza locandine né sponsor ufficiali, ma con un calendario fittissimo e una partecipazione popolare da far invidia a Umbria Jazz. Il primato è raggiunto: Foggia, capi-tale europea del furto creativo. Basta guardare gli ultimi eventi: musicisti che scendono dal palco e non trovano più le chitarre, comici che escono dal teatro e scoprono che la vera gag l’ha scritta il ladro di tur-no, registi che si vedono portare via l’auto mentre loro ancora parlano di Pirandello. È un format rodato, con tanto di “scena madre”:
il finestrino in frantumi, il portabagagli svuotato, lo strumento che sparisce nella notte.
Applausi, sipario.
La sottocultura del furto eletta a spettacolo. Non siamo di fronte a semplici “reati contro il patrimonio”: qui parliamo di performance parallele, di un’arte altra, di una sottocultura che ha trasformato la criminali-tà in rituale. Perché rubare a un artista non è un atto qualunque: è un gesto che rivela una società che non sa riconoscere il valore di ciò che intrattiene, eleva e arricchisce. È come se a un chirurgo rubassero il bi-sturi mentre opera, o a un pompiere la manichetta mentre spegne un incendio. A Foggia, invece, al musi-cista si ruba la chitarra, al regista l’auto, al comico la dignità di rientrare a casa col cofano vuoto.
Una città che si auto-sabota. Il paradosso è evidente: una città che piange miseria di eventi, che implora attenzione culturale, che sogna di uscire dall’isolamento e che poi accoglie chi viene a portare arte con una randellata sui vetri dell’auto.
È come invitare un ospite a cena e, dopo avergli servito il primo, rubargli il portafogli dalla giacca. La cultura a Foggia è sempre in bilico tra applauso e scasso. Attualmente vince lo scasso. A Foggia il cartellone culturale è stato ricco: spettacoli, concerti, mostre.
Ma l’attrazione principale non è stata sul palco ma nel parcheggio.
Mentre il pubblico applaudiva, fuori debuttava la compagnia stabile del furto: ladri di chitarre, rapinatori di portabagagli, scassinatori di teatri.
Qui l’arte è un contorno, il vero spettacolo è lo scasso. Si dirà: “Eh, ma è colpa della microcriminalità”. Forse. Ma se diventa prassi, se diventa regola, allora non è più micro: è cultura. Una sottocultura dell’inciviltà che rende la città ostaggio dei peggiori, e che respinge chiunque provi a costruire bellezza. Conclusione amara, ma non troppo: qui la vera miseria non è economica, è culturale. Un popolo che scippa gli artisti è un popolo che ruba a sé stesso. Ma qui, si sa, l’autolesionismo è disciplina olimpica.
Intanto un titolo lo abbiamo ottenuto: capitale della cultura del furto.
Un primato di tutto rispetto: nessuno investe sull’arte quanto i ladri foggiani, che la collezionano gratis, pezzo dopo pezzo, concerto dopo concerto, spettacolo dopo spettacolo.
Così la città continua a sabotarsi da sola, con l’abilità di un kamikaze che ride mentre preme il bottone. “Benvenuti a Foggia – dove l’arte si fa, e si sfà, in una notte”.
Bentornato,
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