Quando penso a Ornella adesso che non c’è più, la prima cosa che mi torna addosso è la sensazione di quando l’ho incontrata davvero per la prima volta: avevo venticinque anni, ero agli inizi, e lei era già un monumento vivente.
La diva del teatro di Strehler, la voce che aveva inciso con Baker e Mulligan, la donna che con Bardotti aveva portato in Italia la musica brasiliana più alta. Tutti la rispettavano, la veneravano, qualcuno la temeva. Era impossibile farne a meno.
Col tempo siamo diventati amici, senza accorgercene. Il rapporto è nato mentre lavoravamo all’album «Quante storie». Stavamo ragionando sul disco, soprattutto su un brano a cui lei teneva molto. Mi chiese cosa ne pensassi, e io andai giù dritto, forse troppo: le dissi che quel pezzo non funzionava, che per me era da scartare. Usai parole che non sono nemmeno da me, che la urtarono più di quanto volessi. Si offese, si alzò e se ne andò sbattendo la porta. In quel momento pensai di aver fatto un disastro. In realtà, pochi giorni dopo, quasi tutto ciò che le avevo detto era stato cambiato. Non me l’ha mai detto apertamente, ma l’avevo convinta.
Prima ancora di lavorare insieme, l’avevo conosciuta in contesti più informali, attraverso amici comuni. Una sera andammo insieme a vedere Gaber. Una di quelle serate che restano incise. Con lei accanto, ogni cosa sembrava amplificata. Quando Ornella entrava in un posto, fosse un teatro o un supermercato, la stanza cambiava luce.
Aveva una presenza ascetica, una forza naturale che nessuno poteva ignorare. Negli anni ci sono stati tanti momenti belli.
Era l’antivigilia, noi della discografia avevamo famiglie che ci aspettavano in montagna o al mare, eppure nessuno ha rinunciato. Ornella teneva banco come sapeva fare lei, con cultura, intelligenza, ironia feroce e una brillantezza rara. Era divertentissima, capace di far ridere tutti e tenere banco, anche solo commentando ciò che aveva intorno. Certo, aveva anche i suoi cambi d’umore, come tutte le persone molto sensibili. Ma io, con lei, ho sempre ricevuto la parte più luminosa. Il lavoro insieme è stato meno di quanto avrei voluto.
Dopo «Quante storie», arrivò una proposta dalla Polygram e me ne andai. Mi è sempre rimasto il rimpianto di non aver fatto più dischi con lei. Nel tempo, ho seguito con gioia il percorso che ha fatto, i duetti, il rapporto con gli artisti giovani, i concerti pieni di colleghi che volevano esserci. Perché Ornella non era solo rispettata: era amata.
Quest’anno ho condiviso con lei dei bei momenti. Era al Salone del Libro di Torino. Io mi trovavo lì per presentare un altro volume e avevo pensato di fermarmi un giorno in più per salutarla: glielo avevo fatto sapere, e poche ore dopo mi chiamò Veronica, la sua assistente, dicendomi che Ornella voleva che fossi io a presentare il suo libro. Mancavano quarantotto ore. Me lo feci mandare, lo lessi in una notte, e il giorno dopo ero accanto a lei. La sala era strapiena. Io mi ero preparato delle domande, ma naturalmente fu lei a ribaltare tutto: iniziò a farle a me, per vedere se davvero avevo davvero letto il libro. Rideva, si divertiva, stava al gioco e lo guidava. E a modo suo, raccontava di nuovo la propria vita. Ricordo con precisione anche un altro momento, tra i più teneri.
Il giorno in cui stavo per lasciare la Warner, eravamo tutti già con il cappotto in mano, pronti ad andare a cena. All’improvviso lei iniziò a cantare «Domani è un altro giorno», d’accordo con il pianista dell’albergo. Era un regalo improvviso, una dedica. Non riuscii a trattenere le lacrime. È ancora oggi uno dei ricordi più preziosi che ho.
Il suo modo di cantare, quel soffio, veniva dalla scuola del teatro, dall’orecchio affinato sul jazz, dalla passione per il Sud America, dai cantautori, dalla vita. Era un unicum. E soprattutto era Ornella, sempre. Non ha mai finto, mai smesso di studiare, mai avuto paura di cambiare idea. È rimasta curiosa fino all’ultimo giorno. Se c’è una cosa che lascia alla musica italiana, più di tutte, è questa: la libertà di essere se stessi. La libertà di imparare fino alla fine.













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