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Alfano e Bertinotti spiegano come tenere il comizio perfetto

Italia grande Paese, fatto di diversità che sono la sua ricchezza. Vale anche per la capacità oratoria, con caratteristiche che variano lungo lo Stivale: a nord più asciutti, con meno entusiasmo e calore, al sud più empirico, ma spesso anche più inutilmente verbosi. E l’impressione – quando si ha a che fare con un oratore meridionale – è che spesso ricorra ad espressioni arcaiche, formalmente corrette ma desuete, e che il discorso sia fine e sé stesso.

Insomma non parlare per dire qualcosa di concreto ma parlare per parlare. Un errore devastante che fa perdere opportunità, tempo e spesso anche soldi. Perché se a parlare è un politico o un imprenditore e l’argomento riguarda argomenti stringenti come accordi economici e progetti, il nostro interlocutore scappa a gambe levate di fronte alla prospettiva di avere a che fare con un chiacchierone tutto fumo e niente arrosto.

D’altra parte, splendidi oratori si può nascere ma è assai più frequente diventarli. E l’ars oratoria richiede studio, impegno, preparazione, concentrazione, senso del ritmo e dunque delle pause, empatia, teatralità, capacità di governare la paura, che investe tutti, e chi dice il contrario dice una bugia. Parlare in pubblico è materia solo per politici, conferenzieri, manager? No. Una cena estiva con vecchi e nuovi amici è già, insomma, un contesto di public speaking!

Tre sono gli aspetti principali a cui pensare quando ci si prepara: contenuto, platea, tempo. Cosa volete dire? Quali sono i concetti che volete esprimere? Non possono essere troppi, non possono essere troppo pochi, ma tra affogare di idee un intervento e fissarne solo alcune, meglio puntare sulla brevità, che è sempre apprezzata. A chi vi rivolgete? È la seconda domanda più importante. Non è indifferente se il vostro è un comizio politico, con un pubblico trasversale, un seminario rivolto ad addetti ai lavori, un’aula universitaria, un ulteriore diverso contesto. Nel caso in cui abbiate un pubblico limitato (10-20 persone) può rivelarsi utile un rapido giro di presentazione. Di quanto tempo disponete? Sono sufficienti solo cinque minuti per presentare un argomento o accennare il senso di un incontro? Bastano 45-60 minuti per svolgere un ragionamento più ampio? È importante il tono del vostro discorso.

Respirate con calma, sfruttate specialmente all’inizio del vostro intervento la pausa von Karajan’, quel momento in cui il direttore d’orchestra solleva la bacchetta e dà l’avvio al concerto. Quell’attimo catalizza l’attenzione su di voi ma vi concede anche l’istante per trovare il giusto modo per iniziare. Fatelo senza esagerare con i ringraziamenti. I ringraziamenti sono noiosi, ritardano l’avvio del vostro ragionamento e tolgono tempo all’intervento. Non pensate di recuperare tempo parlando a macchinetta. Speedy Gonzales non funziona sul podio. Cercate di assumere un tono di voce rotondo, con l’aiuto di una respirazione diaframmatica, Paperino è tra i più simpatici protagonisti della nostra infanzia, ma non il più brillante degli oratori. È importante la qualità del vostro eloquio. Siate eleganti, non volgari. Lo sono già abbastanza tutti gli altri.

Evitate parolacce o, se possibile, dosatele in modo che possano fare effetto. Cercate di guardare i vostri interlocutori negli occhi, per ingaggiarne l’attenzione e stabilire una connessione emotiva. Cercate di essere empatici. Un discorso algido funziona nella migliore delle ipotesi come rimprovero, altrimenti nasce depotenziato. Due fuoriclasse politici del discorso pubblico del nostro recente passato, Angelino Alfano e Fausto Bertinotti, offrono suggerimenti interessanti. Per l’ex ministro della Giustizia, Esteri e Interno «sono importanti tre elementi: chiarezza di idee, intelligenza emotiva, autenticità. Per essere credibili devono dirsi spiega ancora Alfano cose ragionevoli avendole studiate».

Per l’ex presidente della Camera, che pensa essenzialmente al public speaking in forma di comizio, «la prima norma è partire dalla stretta attualità e dalla costruzione dell’ordine del giorno per poi risalire al conflitto, che è cardine di ogni comizio. Non bisogna avere vocazione ecumenica né accontentare tutti». A ciascuno il suo.

Andrea Camaiora è esperto di comunicazione strategica e ceo del gruppo “The Skill”, autore del volume “Appunti di public speaking” con Federica Fantozzi

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