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Al Sud serve una nuova alleanza tra tutti i Comuni

La vera rivoluzione parte dai Comuni. Non dai palazzi alti, non dalle direzioni regionali, non dai Ministeri pieni di attese. Parte dalle aule consiliari, spesso spoglie e dimenticate, ma ancora capaci di custodire una forza che nemmeno Roma può spegnere: la prossimità. Il contatto diretto con la gente. La voce vera del territorio.

Oggi serve dirlo forte e chiaro: la Confederazione del Sud non deve nascere come una formula astratta o una sigla da campagna elettorale. Deve nascere dalle delibere dei consigli comunali, dai sindaci che alzano la testa, dai consiglieri che scelgono di non obbedire più al copione dell’attesa eterna. È tempo che i Comuni del Sud si riconoscano tra loro prima ancora che in uno Stato che da decenni li tratta come periferie. È tempo di una nuova alleanza tra territori. Una confederazione vera, non ideologica, ma concreta. Che parta dal basso, comune dopo comune, valle dopo valle, costa dopo costa. Non un patto tra istituzioni, ma tra comunità.

Immaginate cento Comuni che si parlano. Poi mille. Poi migliaia. Che condividono esperienze, obiettivi, battaglie. Che si confrontano sui rifiuti, sull’acqua pubblica, sui servizi sociali, sulle scuole. Ma anche su lavoro, giovani, cultura, turismo, transizione verde. Che dicono basta a gare al ribasso, al centralismo inefficiente, al ricatto dei fondi calati dall’alto. Comuni che non si contendono i fondi, ma li progettano insieme. Che non si ignorano, ma si abbracciano. Che non aspettano le Regioni, ma le superano. Perché le Regioni, da sole, non ce la fanno più. Spesso sono amministrazioni che non riescono neanche a trattenere i propri giovani, figurarsi a guidare un progetto di rinascita. E allora la vera Regione del Sud può diventare una rete di Comuni liberi e interdipendenti. Una Confederazione che parte dal Municipio e arriva al Mediterraneo.

Non c’è bisogno di inventarsi nulla. Serve solo una delibera. Serve che un Consiglio comunale si alzi in piedi e dica: “Siamo pronti”. Pronti a lavorare con il Comune accanto. A firmare protocolli, a condividere visione, ad avere un rappresentante in una consulta intercomunale, a ragionare come territorio, non come piccolo feudo. E poi da lì, costruire il resto: federare province, poi regioni, poi Sud. Un Sud che non vuole separarsi, ma contare. Che non vuole secessioni, ma partecipazioni vere. Che non vuole poltrone, ma leve. È così che nasce una nuova stagione politica: non con i convegni, ma con le decisioni. Non con le analisi, ma con il coraggio.

E oggi tocca a voi, sindaci, assessori, consiglieri. A voi che ogni giorno siete a contatto con chi bussa alla porta del Comune. Siete stanchi? Lo capisco. Ma è proprio adesso che dovete scegliere. Restare amministratori delle macerie o diventare padri fondatori di una nuova stagione per il Sud. Perché se i Comuni non alzano la testa adesso, nessuno lo farà per loro. E se invece decidete di confederarvi, anche solo in due, in tre, in dieci, allora avete acceso un fuoco. E i fuochi, quando si accendono insieme, fanno luce davvero.

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