Quest’anno sono arrivati all’esame di Stato (che fin dalla riforma Gentile del 1923 conclude obbligatoriamente il ciclo di studi delle scuole superiori e che è stato confermato dalla Costituzione: chi ci arriva, insomma, non può evitarlo per uscirne) i ragazzi che si iscrissero al primo anno nel 2020 e quindi, tra la fine di quel mese di febbraio e la metà di marzo, furono sorpresi come tutti dal Covid.
Si aprì per loro l’esperienza della Dad, acronimo per “didattica a distanza”, e un buco nero improvviso nei rapporti sociali in presenza con amici, compagni, professori e in genere verso il mondo esterno, malamente supplito da relazioni intrattenute virtualmente grazie al computer. Gli psicologi hanno certificato gli effetti negativi dell’accaduto, a distanza di tempo, su giovani infragiliti, insicuri, che scontano ancora la stranezza della situazione in cui si trovarono improvvisamente immersi.
Oggi – siccome il mondo della scuola non si fa mai mancare le novità, essendo ovviamente un sensore sensibilissimo dei fenomeni della vita collettiva non appena essi nascono – registriamo anche che alcuni ragazzi e ragazze, arrivati alla prova orale, se ne sono sottratti, come certi cavalli che in gara rifiutano di saltare l’ostacolo. La motivazione è il processo e la condanna dell’istituzione in cui hanno vissuto, perché a loro dire burocratizzata, attenta solo a valutazioni numeriche e di efficienza, ma non all’interiorità degli allievi. Una ragazza ha dichiarato che essa non si è data carico di scoprire «la vera me». Questo rifiuto si può avanzare senza troppi danni: come in un noto quiz televisivo, l’esame è strutturato a step successivi, ognuno dei quali attribuisce punti (curriculum dell’ultimo triennio, prove scritte, orali). Se non sostieni l’ultimo, esci prima e col più basso “premio” comunque guadagnato, ma non ti si può bocciare.
Biblioteche intere sono dedicate a indagare pregi e difetti della scuola, schiere di pedagogisti non hanno mai smesso di discuterne e di proporre fin troppe riforme, che non ne lasciano mai in pace a lungo il suo assetto. Chi scrive questa nota ha più volte partecipato lui stesso a discussioni sul “merito” (un altro valore costituzionale), per chiedersi che cosa sia davvero, se non costituisca un travestimento del privilegio sociale e se sia realmente possibile accertarlo, depurandolo da fattori che distorcono questa ricerca.
Non viviamo, insomma, nel migliore dei mondi possibili. Tuttavia, da un lato c’è il dubbio se si sia in presenza di una furbata o di un sincero tormento e già il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, per evitare un contagio emulativo, promette che chi ripeterà il gesto l’anno prossimo, sottraendosi scientemente e deliberatamente agli orali sarà bocciato, anche se sarà complicato distinguere tra un atto di protesta e uno motivato dal panico. Dall’altro qualcuno ricordi ai ragazzi che, come diceva Eduardo, “gli esami non finiscono mai” e che quelli scolastici non sono certo i più ardui. Quando la vita presenterà il conto e toccherà dare quelli davvero difficili, non sarà possibile protestare che è stata ingiusta ed evitarli.
Bentornato,
Registratiaccedi al tuo account
Tutte le news di Puglia e Basilicata a portata di click!