Adesso lo Stato batta un colpo negli ospedali

Siamo in un ospedale, dove si curano le persone, o sul set di un film di Sergio Leone, dove le botte la fanno da padrone? Solo che queste botte non sono per finta ma raggiungono, con cattiveria, le persone che hanno il compito, la cosiddetta “mission”, di prendere in carico i pazienti e curarli. Quanto sta avvenendo nella sanità pubblica pugliese, in questi giorni, è veramente sconcertante.

Ogni giorno c’è un’aggressione, ormai quasi sempre fisica, a carico degli operatori sanitari. I medici, gli infermieri, il personale sanitario sono passati dall’essere gli “angeli” del periodo Covid, quando perdevano la vita per curare le persone, a essere un “punchball” su cui sfogare la propria rabbia, le proprie insoddisfazioni, spesso senza alcuna giustificazione plausibile.

Gli anziani medici come me, che hanno vissuto tutti i cambiamenti della professione, notano con grande dispiacere come il rapporto con le persone sia cambiato. Dalla stima e considerazione che c’era nei confronti del medico, ritenuto colui che con grande amore curava tutti i pazienti e le cui parole erano da prendere in considerazione perché frutto di studi, conoscenza, esperienza e anche di affetto nei confronti del paziente, si assiste ora a un rapporto in cui le persone considerano il professionista alla stregua di un impiegato, di un lavorante che deve risolvere le loro esigenze, anche rapidamente, con scarsa considerazione per le raccomandazioni fatte. Un medico, nell’immaginario di molti, che non ha più il ruolo di curare le persone secondo scienza e coscienza, ma che diventa colui che deve assecondare, anche prontamente, i desiderata di chi a lui si rivolge, perché consigliato da “dottor Google” o da sedicenti esperti. In caso contrario, imprecazioni o botte. Un rapporto duale malato, che ha tante concause, ma con un unico finale, l’aggressività.

Credo che se non avverrà un cambio culturale, questo rapporto difficilmente sarà recuperabile. In questo rapporto manca il “rispetto” dei ruoli. Oserei dire che manca l’educazione civica. Altrimenti non si assisterebbe a tanta aggressività. Ci si soffermerebbe un attimo a riflettere su dove questo Paese sta andando. Gli ospedali si svuotano, medici e personale sanitario, specie dell’emergenza-urgenza, stanno abbandonando, a breve ci saranno reparti che chiuderanno perché non più in grado di garantire una adeguata turnazione. Si sta decretando la morte del servizio sanitario nazionale che tanto bene ha fatto al Paese e favorito, in questi anni, l’aumento considerevole della vita media delle persone e la cura di tante malattie.

Questi incivili si chiedono mai cosa avverrà il giorno che si recheranno in ospedale e troveranno chiuso perché non ci sarà più personale per farlo funzionare? Chi li curerà, chi curerà i loro familiari? E penseranno a quando hanno menato un infermiere o un medico perché non volevano attendere il proprio turno per farsi medicare un ginocchio sbucciato? Non c’è alcuna giustificazione a un atto di violenza, ancor di più verso un medico o un operatore sanitario. In uno Stato di diritto come il nostro, dove tutte le persone hanno la garanzia di una magistratura giusta che assegna le colpe a chi competono, affidarsi a una giustizia sommaria da Far West, aggredire un lavoratore che cerca di fare il proprio lavoro secondo scienza e coscienza, non solo è un atto meschino e sconsiderato, ma è anche indice di scarso rispetto verso tutte le altre persone che sono così private dell’ausilio del sanitario malmenato.

In ultimo, lo Stato deve maggiormente far valere la propria presenza. Credo che un’azione “punitiva” come quella perpetrata a Foggia da numerosi parenti di una paziente deceduta, sia una sonora sconfitta per tutti. Qualcuno è tenuto a riflettere seriamente su quanto è accaduto. Sul perché e come, tante persone con fare violento possano entrare facilmente e impunemente in un ospedale, in un reparto e persino nella sacralità di una sala operatoria.

Franco Lavalle è segretario Ussmo (Universo Sanità sindacato medici ospedalieri)

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