Un detto popolare recita “Se Atene piange Sparta non ride”. Un modo di dire che ci conduce alla situazione che l’Ucraina sta vivendo in queste ultime settimane tra la possibilità di una tregua e l’inasprimento del conflitto con la Russia.
Il Paese, stremato da tre anni di guerra, rischia di doversi trovare solo ad affrontare una Russia tenace nel rivendicare i propri obiettivi. A tre anni dall’avvio delle operazioni militari è giunto il momento di fare un piccolo bilancio di quanto accaduto. Dal 22 febbraio del 2022, quando la Federazione Russa riconosceva l’indipendenza delle province del Donbass per poi poter correre in loro soccorso contro l’Ucraina, sono trascorsi più di mille giorni con gravi perdite da entrambe le parti.
Lo Stato maggiore dell’esercito ucraino afferma che dall’inizio del conflitto le perdite russe superino le 700mila unità, tenendo conto anche dei feriti e dei dispersi. A questo vanno a sommarsi le corpose perdite tra le fila dell’esercito ucraino con una stima di 800mial caduti, più di 3600 scuole distrutte e più di 1600 presidi sanitari inceneriti sotto le bombe dell’avanzata russa. Un grande colpo alla demografia e all’economia di entrambi i territori. Secondo uno studio dell’Ispi in Russia si è oggi in presenza di un’economia di guerra il cui unico obiettivo è quello di dare man forte al conflitto sacrificando la spesa pubblica destinata alla sanità o all’istruzione, per le quali vi è un investimento del solo 5% del Pil. L’inflazione nelle Federazione Russa si attesta intorno al 9,5%, mentre le imprese sono strozzate dalla crescita esponenziale dei tassi di interesse e non sono più in grado di restituire i prestiti contratti. Il rublo negli ultimi mesi dello scorso anno si è dimezzato e inabissato nei confronti dell’euro e del dollaro.
D’altra parte, benché l’Ucraina stia subendo i contraccolpi di una guerra in proporzione più grande del suo potenziale bellico ed economico, la situazione, nonostante gli ingenti aiuti internazionali, non appare migliore di quella russa. L’economia è allo stremo, il Pil è crollato di un terzo e i tassi di interesse si attestano intorno al 26% con un tasso di inflazione sceso al 5,2% dopo il picco del 26% toccato con l’inizio del conflitto. Quindi ci si chiede chi sia il vero vincitore? In una guerra di logoramento come quella russo-ucraina non si può affermare che ci siano vincitori, a perdere sono entrambe le parti e, sebbene le ultime esternazioni del Presidente americano mirino a cercare una conclusione del conflitto, entrambe le parti in causa puntano ad ottenere il massimo in un arroccamento difensivo che salvaguardi la situazione economica e sociale post-bellica.
Va dato il merito a Trump di aver avviato delle consultazioni sia con Vladimir Putin sia con Volodymyr Zelensky. In realtà, probabilmente, entrambi non aspettavano altro vista la situazione. Ma dove si nasconde l’Europa? Possiamo prevedere, come ha affermato sulle pagine del Corriere della Sera l’eurodeputato francese Raphaël Glucksmann che l’Occidente è finito e che l’Europa si appresta a vivere un periodo di riarmo inaspettato? L’Europa non è abbastanza unita per affrontare il pericolo di una guerra contro la Russia. Da un lato vi sono i paesi Baltici che difendono a spada tratta l’Ucraina; paesi come l’Ungheria si sono sempre schierati contro le sanzioni alla Russia e appaiono scettici di fronte alle strategie adottate dagli altri paesi dell’Unione; poi vi sono paesi come l’Italia che un tempo vantavano buoni rapporti con la Russia e che adottando una linea comune con gli altri paesi Nato, si trovano oggi a dover fronteggiare, se l’America uscisse di scena, in completa solitudine una crisi internazionale. Il grande timore è proprio quello che il grande progetto europeo possa giungere al capolino con piccole e conseguenti defezioni che minino la stabilità economica e sociale di tutto il territorio.
Bentornato,
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