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Statistiche Istat e prima elementare: cresce la preoccupazione

È sufficiente ascoltare la voce dei territori per rendersi conto di come si stia alzando il livello di preoccupazione tra chi abita ed opera nell’Italia piccola, rurale e montana.

Se potessimo utilizzare un indicatore diverso da quello dalla residenza anagrafica usato dall’Istat, se potessimo cioè ragionare su chi tiene accesa la luce d’inverno, scopriremmo che gli abitanti effettivi dei piccoli comuni delle aree interne, soprattutto di quelli con meno di mille residenti, sono molti di meno di quelli che risultano nei registri anagrafici.

Ecco perché, al di là dei ricordi personali, penso che il numero di bambini iscritti a scuola, e soprattutto in prima elementare, possa essere un elemento ancor più indicativo, reale e paradigmatico per provare ad analizzare lo spopolamento e a misurare lo stato di salute di un paese. Se inferiore alla soglia minima per formare una classe, ti dice esattamente (e immediatamente) dove intervenire, quanti bambini mancano o mancheranno nei prossimi anni e insieme alla loro mancanza cos’altro perderà quella comunità.

Meno alunni, uguale meno insegnanti, meno collaboratori scolastici, meno scuolabus, meno mensa, meno zainetti, grembiuli e quaderni, meno indotto, meno lavoro. E quindi, meno servizi, meno famiglie, meno bambini e via di seguito in un circuito vizioso che va interrotto il prima possibile.

Perciò, quello della prima elementare, è un numero che ci dice tante cose che, in una società caratterizzata da attualismo, visioni corte, ci parla invece di futuro e di vita.

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Gianfilippo Mignogna
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