C’è un pensiero che mi gira in testa da giorni. Non riguarda solo lo sviluppo economico, le infrastrutture o le solite rivendicazioni territoriali. Riguarda qualcosa di più profondo: la comunità. Anzi, le comunità del popolo del Sud. Quella fitta rete di persone, movimenti, associazioni, professionisti, piccoli imprenditori e cittadini che, nonostante tutto, non ha mai smesso di crederci. Il vero nemico? Non è solo la burocrazia, il centralismo o la carenza di risorse. Il vero nemico è l’individualismo diffuso. Troppi “io”, troppe battaglie personali. Il Sud ha prodotto leader, visioni, idee. Ma li ha lasciati soli. E quando ci sono troppi galli nel pollaio, come si dice dalle nostre parti, finisce che non canta più nessuno. E allora ho cominciato a riflettere. E a chiedermi: come si riaccende un senso di comunità? Come si costruisce un progetto collettivo che non sia solo un cartello elettorale, ma un’alleanza reale, profonda, coraggiosa?
La risposta è arrivata da una suggestione semplice, ma potentissima: i ponti. E chi meglio della Sicilia e della Calabria, separate da uno Stretto ma unite da secoli di storia, può essere il punto di partenza per una nuova stagione?
Oggi entrambe le Regioni sono governate da forze del centrodestra. Questo è un dato. Ma non è (solo) una questione politica. È una occasione strategica per lanciare una grande Opa – un’offerta pubblica di alleanza – che coinvolga chiunque abbia a cuore il destino del Mezzogiorno.
Non un movimento nuovo. Non l’ennesimo partito. Ma una Confederazione del Sud: aperta, plurale, dal basso. Una rete che tenga insieme enti locali, associazioni, università, camere di commercio, categorie professionali, partiti territoriali, comunità ecclesiali, realtà giovanili e chiunque voglia esserci. Una regia comune. Un’agenda chiara. Una voce unita da far valere a Roma e in Europa.
Il modello non è quello della protesta. È quello della proposta strutturata. Siamo stanchi di slogan e lamenti. Il Sud ha già tutto per rinascere: talenti, risorse, bellezza, capitale umano, know-how diffuso, energie nuove. Serve solo una cosa: unire ciò che è sparso.
Ciò che immagino non è un progetto nostalgico. Non è neanche un revival meridionalista. È una visione geopolitica nuova, capace di ridisegnare l’Italia e l’Europa a partire dal Mezzogiorno. Perché in un mondo che si sta spostando verso Sud – dall’Africa al Mediterraneo – il nostro Sud può e deve diventare il centro di una nuova rotta, non più periferia.
Il ponte sullo Stretto è una metafora perfetta: non è solo un’opera ingegneristica. È un simbolo. E se davvero verrà realizzato, che sia anche il segno concreto che il Sud può unirsi, camminare insieme, diventare protagonista.
La mia proposta è semplice, ma radicale: una Confederazione delle Regioni del Sud, che parta dalla Sicilia e dalla Calabria includendo la Puglia e la Basilicata così come la Campania, e apra una strada. Un patto tra territori, anime sociali e politiche diverse, unite però da una sola volontà: ricostruire fiducia e coesione. Chi ci sta, si faccia avanti. Il tempo dei solisti è finito. Inizia il tempo delle comunità che costruiscono il futuro, insieme.
Bentornato,
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