Foggia scivola in fondo alle classifiche con la naturalezza di un sasso lasciato cadere da un ponte: giù, sempre più giù, con quell’eleganza da tuffatore olimpico del disastro. E proprio mentre il Sole 24 Ore ci piazza, con gesto di fine cortesia, nelle retrovie d’Italia, ecco arrivare, sorpresa! Le elezioni regionali del 23-24 novembre. Che combinazione. Il destino ha un senso dell’umorismo che rasenta la crudeltà. Intanto amministrazione amareggiata, opposizioni indignate e nessuno che abbia un piano.
Si apre così la Sagra del Comunicato Politico dal vago senso di déjà vu. Degustazione gratuita di frasi riciclate come la plastica di pessima qualità: “Siamo amareggiati”. “Serve una visione”. “La responsabilità è complessa”. “Sono dati da interpretare.” “È colpa dei parametri sbagliati”. “È colpa del contesto internazionale”. “È colpa di chi c’era prima”. “È colpa della congiuntura astrale, Saturno non ci aiuta”. La maggioranza si presenta all’appuntamento con il volto grave, quello che si usa ai funerali e ai consigli comunali. “Amareggiati”, certo. Amareggiati come chi ha sbagliato l’ordine al bar ma non vuole fare scenate. Dall’altra parte, l’opposizione una meraviglia: condanna tutto, critica tutto, segnala tutto… e progetta niente.
La denuncia è talmente sterile che, a confronto, un cactus sembra una pianta tropicale. Anche loro, come sempre, scoprono improvvisamente di essere esperti di sicurezza, welfare, trasporti, urbanistica, criminalità, ambiente e crescita. Tutti professori, nessuno che abbia mai scritto un compito in classe. Nel frattempo, l’amministrazione rivendica i piccoli progressi. “Abbiamo risalito nove posizioni nell’Ecosistema Urbano!” Bene. Complimenti. È un po’ come dire: “La casa è ancora in fiamme, ma abbiamo spento un comodino”. Si apprezzano gli sforzi, per carità, ma intanto la città resta lì: ultima, penultima, terzultima. Una specialità della casa. E allora eccolo, il balletto della responsabilità. L’amministrazione: “Non siamo noi, siamo arrivati dopo, abbiamo trovato tutto così”. L’opposizione: “Non siamo noi, siamo arrivati prima e non ci hanno ascoltato”.
Il cittadino: “Non siete voi? E allora chi è? Gli alieni?” Arriva così il Festival delle Soluzioni Miracolose. Ogni partito, ogni lista, ogni candidato tira fuori la sua ricetta infallibile: chi promette la rinascita dei servizi; chi la rivoluzione infrastrutturale; chi la sicurezza totale; chi l’Eldorado occupazionale; chi la modernizzazione definitiva. Tutte soluzioni pronte, impacchettate, scintillanti. Durata: fino al 25 novembre. Dopo, scadono. E mentre loro parlano, la città…scivola. Scivola nei servizi, scivola nella reputazione, scivola nello spirito. Una città che chiede interventi e riceve slogan, che chiede progetti e riceve post su Facebook, che chiede prospettive e riceve grafici colorati nei programmi elettorali. Magari, il prossimo anno, risaliremo di qualche posizione. E qualcuno lo userà come prova che “il cambiamento è iniziato”. Poi torneremo giù, perché il copione è quello e gli attori non cambiano mai: amministrazione amareggiata, opposizione scandalizzata, cittadini stanchi.













Bentornato,
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