Cosa riserva il Documento Programmatico di Bilancio 2025 al Mezzogiorno? Ben poco, dati gli stretti vincoli in cui si è mosso il governo. È rifinanziata la Nuova Sabatini, ed è prorogato al 2025 il credito d’imposta per investimenti nella Zona Economica Speciale (Zes) per il Mezzogiorno.
Viene prorogato l’esonero contributivo a favore dei giovani fino a 35 anni di età e delle lavoratrici svantaggiate, e sono estese le misure di esonero contributivo per incentivare lo sviluppo occupazionale sempre nella Zes e delle imprese avviate da giovani. Sono inoltre riproposti la tassazione agevolata al 5 per cento dei premi di produttività e le misure per il welfare aziendale.
Nel complesso, questo pacchetto di misure vale circa 3 miliardi. Infine sono confermate le misure per sostenere le imprese e incentivare la nascita di nuove (il programma Resto al Sud 2.0 per iniziative imprenditoriali promosse da residenti tra i 35 e i 55 anni, finanziato con un miliardo e 250 milioni di euro). Qualche spicciolo poi per gli interventi destinati alla popolazione in stato di povertà assoluta (concentrata prevalentemente nelle regioni meridionali) con 2,3 milioni di euro per l’anno 2025 destinati alla carta “Dedicata a te”. Come il lettore può notare si tratta di strumenti già implementati che vengono prorogati o confermati. Nulla di nuovo, quindi.
Ovviamente restano i fondi del Pnrr e quelli del Fondo di Coesione (per il 2025 circa 7.6 miliardi) che non saranno più utilizzati mediante i Piani Sviluppo e Coesione, predisposti da ciascuna Amministrazione titolare di risorse ed articolati per aree tematiche, ma attraverso il nuovo strumento dell’Accordo per la coesione, che coinvolge il governo e i presidenti di regione. Un ulteriore passo verso un assetto federale dello Stato.
Il Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, presentato a settembre scorso, ammette che il tasso di occupazione nelle regioni meridionali è attestato ad un livello inferiore di oltre 17 e 21 punti percentuali rispetto ai territori del Centro e del Nord. Una consapevolezza che contrasta fortemente con le misure adottate nel Documento Programmatico di Bilancio che riproducono l’abusato modello degli incentivi, affidando al libero mercato la soluzione del divario territoriale.
Tuttavia senza massicci interventi infrastrutturali sia in termini di capitale umano che di capitale fisso sociale, il divario difficilmente potrà essere ridotto. Il meccanismo di mercato si attiva virtuosamente quando esistono condizioni vantaggiose di competitività che oggi nel Mezzogiorno sono quasi del tutto assenti, mentre è fortissima la concorrenza dei paesi dell’Est Europa. Da decenni, la classe dirigente italiana non ha una visione sul futuro del Mezzogiorno e si affida a politiche contingenti di stampo neoliberista che non hanno una portata strategica. Il Pnrr appare sempre di più come una occasione perduta, perché il modo in cui è stato attuato ha escluso qualsiasi meccanismo di programmazione (e questa è responsabilità del governo Draghi). Occorreva invece predisporre un organo centrale che stabiliva la priorità degli interventi infrastrutturali nel Mezzogiorno attribuendo alle regioni compiti esecutivi. Una scelta di governance che ha compiuto la Francia con la costituzione di un organo ministeriale (Comité de Suivi) coadiuvato nella fase esecutiva dalle prefetture locali.
L’attribuzione agli organi territoriali, dai Comuni alle Regioni, della responsabilità della progettazione e dell’attuazione e del Pnrr, senza una adeguata formazione della burocrazia locale, ha fortemente pesato sulla qualità degli interventi e sulla loro coerenza in una quadro di sviluppo. Vedremo quale sarà il risultato finale. Non si poteva pretendere molto da questa legge di bilancio, dati i vincoli ristretti in cui si colloca e il divario certo non sarà corretto dal nuovo assetto previsto dall’autonomia differenziata. Per il Sud si apre una stagione difficile.