Nel suo rapporto 2024 il Censis ha messo in luce alcune fragilità del nostro sistema scolastico. Quasi uno studente su due delle superiori (43,5%) non raggiunge il traguardo di apprendimento in italiano, percentuale che sale a 47,5 se parliamo della matematica. Non va molto meglio alle medie dove la percentuale di studenti che non raggiungono il traguardo in italiano arriva quasi al 40% e con la matematica si sale al 44%. Questi dati confermano i gravi problemi della scuola pubblica evidenziati dal rapporto Invalsi 2024 che evidenza forti disparità territoriali fra le diverse scuole pubbliche. Il tema della carenza di risorse della scuola pubblica e dei ritardi rispetto agli obiettivi di apprendimento non è certo una novità, infatti lo storico molfettese Gaetano Salvemini nei primi anni del 1900.
Per questo motivo, utilizzando ChatGPT, ho simulato un’intervista post mortem che evidenza l’attualità delle sue critiche e della sua visione della scuola pubblica come strumento per promuovere l’uguaglianza sociale e la crescita del Paese.
Il rapporto Censis del 2024 sulla scuola italiana descrive un sistema educativo fragile, in cui persistono divari territoriali, carenze infrastrutturali e un investimento insufficiente. Inoltre, i dati INVALSI continuano a mostrare un grave squilibrio nella qualità della formazione tra Nord e Sud. Se fosse qui oggi, cosa penserebbe di questa situazione?
«Mi duole constatare che poco è cambiato da quando denunciavo i problemi della scuola italiana nel secolo scorso. I divari territoriali erano già evidenti ai miei tempi, e la situazione attuale non fa che confermare la necessità di una riforma profonda. Se non interveniamo, la scuola italiana continuerà a essere uno strumento di disuguaglianza invece che un mezzo per combatterla».
Il rapporto Censis evidenzia che circa il 40% degli edifici scolastici italiani non è a norma, inoltre, i dati INVALSI mostrano che in alcune regioni meridionali, quasi uno studente su due non raggiunge livelli adeguati di competenza in italiano e matematica. Come giudica questi dati?
«Questi numeri sono inquietanti e riflettono una miopia politica cronica. Una nazione che non investe nelle sue scuole, nei suoi insegnanti e nelle sue strutture è una nazione che rinuncia al suo futuro. La disparità nei risultati scolastici tra Nord e Sud è il segno di un fallimento storico dello Stato italiano nel garantire a tutti i cittadini pari opportunità. Come dicevo nei miei scritti, la scuola non deve essere il riflesso delle disuguaglianze, ma il motore per superarle».
Secondo il Censis, il fenomeno della dispersione scolastica è particolarmente grave nel Mezzogiorno. Ritiene che la scuola pubblica stia tradendo il suo mandato di emancipazione sociale?
«Tradire è forse la parola giusta. Quando la scuola non riesce a trattenere i suoi giovani e quando una parte così grande della popolazione studentesca è esclusa da un’istruzione di qualità, allora lo Stato sta tradendo il suo compito fondamentale. Un Paese non può crescere se abbandona i suoi giovani. Questi dati confermano che non stiamo solo perdendo capitale umano, ma anche speranze, sogni e opportunità».
Alla luce di tutto ciò, se potesse rivolgere un appello al governo, cosa direbbe?
«Direi al governo di leggere attentamente questi dati e di trattarli non come numeri, ma come il ritratto di una crisi che richiede risposte immediate. La scuola pubblica deve tornare al centro delle priorità politiche. Investire nell’istruzione non significa solo spendere di più, ma anche spendere meglio: nelle infrastrutture, nella formazione degli insegnanti e in programmi che possano ridurre le disparità territoriali. Non possiamo permetterci di perdere un’altra generazione».
Bentornato,
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