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Il talento batte sempre l’artificio e la musica ce lo ricorda

Oggi sembra che fare musica sia diventato molto semplice e accessibile a tutti, ma ci sono alcune questioni importanti che vale la pena evidenziare. Non dico che chiunque abbia successo debba essere esaminato sotto la lente d’ingrandimento, ma è innegabile ad esempio che l’uso frequente e indiscriminato dell’autotune sia una questione sulla quale c’è tanto da riflettere. Ultimamente, in rete abbiamo visto e ascoltato casi di interpretazioni discutibili quando non siano sorrette da una tecnologia adeguata, da parte di cantanti che dimostrano di non possedere quelle doti naturali che dovrebbero essere la solida base per una carriera musicale. Un’altra riflessione andrebbe fatta sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Disumanizzare o correggere troppo le caratteristiche della voce umana e dell’interpretazione rischia di appiattire lo scenario musicale.

Si ascoltano tanti prodotti troppo simili l’uno all’altro, dove si ricorre spesso agli stessi autori e produttori, creando così un mercato standardizzato e penalizzando la ricerca artistica. Negli eventi estivi delle radio e della televisione molti cantanti sembrano essere lì per essere premiati, più che per un reale merito musicale. Su quei palchi mancano quasi completamente i musicisti che suonano e questo è un segnale preoccupante: senza di loro, la musica rischia di spegnersi.

Un’altra riflessione riguarda il cambiamento sociale. La nuova generazione, cresciuta con i social, punta più alla fama immediata che non alla qualità. Diventare famosi è visto come un obiettivo, anziché come una conseguenza naturale del proprio talento e lavoro. A chi si affaccia a questo mondo consiglio di coltivare prima di tutto le proprie capacità e di lavorare per diventare bravi: il successo vero arriva solo come risultato di una crescita artistica e personale. Ci sono molti buoni artisti in circolazione ma non tutti questi sono tra i primi venti in classifica. Ci vorrà ancora tempo prima che si parli di una rinascita della musica italiana, come era successo negli anni d’oro della canzone d’autore, delle rock band e dei grandi interpreti. Ho l’impressione che i nuovi artisti davvero bravi e destinati a rimanere nel tempo si possano contare sulla punta delle dita. Tuttavia, chi possiede talento oggi non deve arrendersi: è fondamentale continuare a studiare, a lavorare sul fattore umano e sulla capacità di emozionare e coinvolgere il pubblico con un messaggio artistico sincero. Gli errori non vanno temuti, perché, come diceva il grande Miles Davis, “l’errore è un’intenzione nascosta”. Gli sbagli possono diventare uno spunto prezioso per crescere e migliorarsi. L’obiettivo è essere bravi, non avere successo. Credo fermamente che portare la musica nelle scuole sia fondamentale. Non parlo solo di insegnare la tecnica, ma di fare della musica un’esperienza di scoperta. Dimentichiamo il concetto di musica come intrattenimento. È un linguaggio universale, un collante sociale capace di nutrire la creatività e di aprire prospettive inaspettate.

Capitolo location: trovo seriamente preoccupante la scomparsa dei luoghi fisici dove la musica può crescere e vivere davvero. Piccoli club, sale da concerto, locali dedicati alla musica dal vivo: questi spazi non sono solo palchi, ma palestre creative, fondamentali per lo sviluppo del talento. Senza questi ambienti, perdiamo non solo la possibilità di scoprire nuovi talenti, ma anche di alimentare una scena musicale vibrante e diversificata. Il rischio è quello di vedere la musica ridotta a un prodotto sempre più standardizzato, omologato e privo di quella spontaneità e autenticità che l’hanno sempre resa unica. I club, i teatri e le piccole sale sono stati per decenni fucine creative, luoghi dove nascevano idee e si formavano carriere. Per molti artisti, rappresentavano le prime tappe di un viaggio che poteva poi portarli su palcoscenici più grandi, ma che proprio lì trovava la sua linfa vitale.

Mi preme ricordare a tutti gli operatori del settore musicale di non perdere mai di vista la ricerca obiettiva del talento vero, che va riconosciuto, coltivato e valorizzato attraverso lo studio, la dedizione e la professionalità. Questa è la strada, solo così si potrà garantire un futuro autentico e originale alla musica italiana.

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