Il ritorno dei dazi americani sta costringendo l’export italiano a una riflessione strategica. Se da un lato Donald Trump sembra voler ammorbidire i toni, dall’altro la sua visione economica resta legata a un nazionalismo commerciale che non fa sconti. In un contesto globale già fragile, l’imposizione di nuove barriere alle esportazioni rischia di compromettere la presenza del Made in Italy in uno dei suoi mercati di riferimento. E proprio per questo l’Italia si sta muovendo con pragmatismo, tracciando nuove rotte commerciali che guardano a sud del mondo.
L’America latina si presenta oggi non solo come alternativa, ma come opportunità. In particolare, il Brasile – gigante economico e demografico del continente – si sta rivelando un partner sempre più interessante. Non è soltanto una questione di volumi, ma di visione. Il mercato brasiliano, negli ultimi anni, ha compiuto passi avanti significativi sul fronte della sostenibilità, investendo in fonti rinnovabili, agricoltura rigenerativa e tecnologie verdi. È un ecosistema che parla il linguaggio dell’Esg imposta dall’Europa alle aziende e che si sposa con l’eccellenza italiana in settori chiave come agroalimentare, energie pulite, macchinari e design.
Tra le aree più dinamiche del Brasile, il Nord-Est e in particolare lo Stato del Ceará stanno attirando sempre più attenzione. La presenza del Porto di Pecém, hub internazionale con collegamenti marittimi diretti verso Europa, Africa e Nord America, sta trasformando la regione in una piattaforma logistica e commerciale ideale per le pmi italiane.
Questa infrastruttura naturale consente non solo l’accesso privilegiato al mercato brasiliano interno – che conta oltre trenta milioni di consumatori di origine italiana – ma rappresenta anche un trampolino strategico verso l’intero continente sudamericano. Un’occasione concreta per le imprese italiane di radicarsi in un mercato in espansione, capace di coniugare sviluppo industriale, sostenibilità e integrazione commerciale.
La crisi dei dazi ha avuto il merito di accelerare un processo già in atto: la necessità di ridurre la dipendenza da mercati tradizionali troppo esposti a instabilità politiche e scelte unilaterali. In questo senso, l’espansione verso il Sud America e in particolare il Brasile non è solo una risposta difensiva, ma una scelta offensiva, di apertura e consolidamento.
Le missioni economiche, gli accordi con le Camere di commercio locali e i forum imprenditoriali che si stanno organizzando sono segnali di un dinamismo che va coltivato con costanza. Il dialogo con il Brasile può diventare un modello: uno scambio tra economie complementari, dove la tecnologia italiana può trovare terreno fertile, e dove anche le piccole e medie imprese possono giocare un ruolo da protagoniste.
La sfida ora è duplice. Da un lato, resistere all’urto del protezionismo con strumenti di negoziazione efficaci e azioni coordinate a livello europeo. Dall’altro, mettere a frutto questa fase di transizione per costruire una geografia commerciale più equilibrata, meno vulnerabile ai venti di Washington. In questo scenario, l’America latina non è più solo una promessa lontana, ma un tassello strategico del futuro dell’export italiano. Le nostre aziende, con il loro know-how riconosciuto in tutto il mondo, possono trovare in Brasile un nuovo mercato emergente che può rappresentare un simbolo di una possibile nuova stagione di crescita sostenibile, replicabile in altri Paesi del Sud del mondo.
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