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Europa indipendente? Possibile se mette il Mediterraneo al centro delle sue politiche

Per troppo tempo l’Europa ha guardato solo a Nord e a Ovest, con lo sguardo fisso sugli Stati Uniti e sulle dinamiche interne al continente. Abbiamo vissuto all’ombra delle grandi potenze atlantiche, convinti che la nostra stabilità e il nostro sviluppo dipendessero da loro. Ma il mondo sta cambiando e noi con lui. Oggi l’Europa si trova a un bivio. Continuare sulla strada della dipendenza o scegliere l’indipendenza vera, costruendo il proprio futuro senza dover sempre aspettare un segnale da Washington. E questa indipendenza ha una direzione chiara: il Mediterraneo.

Per secoli, il Mediterraneo è stato il cuore pulsante del commercio, della cultura, delle connessioni tra popoli e civiltà. Era il centro del mondo, non una periferia. Italia, Spagna e Grecia erano i punti di snodo tra Oriente e Occidente, tra Nord e Sud. Poi è arrivata l’epoca delle grandi potenze oceaniche e il nostro mare è stato relegato ai margini. Ma oggi la storia sta facendo il suo giro. Il Mediterraneo torna a essere essenziale e l’Europa ha solo due possibilità: o lo capisce e si muove per tempo, oppure resterà indietro, lasciando che altri prendano in mano il nostro destino.

Guardiamo i fatti. L’energia, le materie prime, il commercio globale passano sempre più da Sud. L’Africa, che per troppo tempo abbiamo visto solo come un problema, è invece una gigantesca opportunità. Le risorse naturali, la forza lavoro giovane, il potenziale tecnologico sono lì, a due passi da noi.

Possiamo scegliere, dunque, se essere spettatori o protagonisti di questa trasformazione. L’Italia, per la sua posizione, deve essere il ponte naturale tra l’Europa e il Sud del mondo. Perché aspettare? Perché lasciare che siano gli americani o i cinesi a decidere come sfruttare le ricchezze africane mentre noi restiamo fermi? Dobbiamo investire, creare connessioni, stringere alleanze reali. Non si tratta soltanto di economia, ma di sicurezza, di stabilità. Per anni ci siamo preoccupati solo ed esclusivamente di arginare i flussi migratori, senza mai chiederci come evitare che milioni di persone siano costrette a partire. Se diamo lavoro e sviluppo ai giovani africani, se creiamo un’economia integrata tra le due sponde del Mediterraneo, avremo costruito una soluzione vera, non solo un palliativo. E poi c’è l’India. Un colosso che cresce a ritmi spaventosi, che sta diventando la nuova grande potenza del XXI secolo. Perché non siamo già lì, a tessere rapporti, a creare canali commerciali e tecnologici solidi? L’India guarda con interesse al Mediterraneo, lo vede come una porta verso l’Europa. Se noi lo capiamo per primi, avremo un vantaggio enorme.

Tutto questo, però, richiede coraggio e visione. Non possiamo più essere un’Europa che subisce gli eventi, che aspetta che siano gli altri a dettare le regole. Dobbiamo alzare la testa e scrivere noi il nostro futuro. È giunto il momento di sganciarci dalla logica della dipendenza, di smettere di comportarci come una provincia dell’impero americano. Gli Stati Uniti si sono rivelati un alleato importante, ma non possiamo più basare ogni nostra scelta su quello che conviene a loro. L’Europa ha la forza, la storia, la cultura per essere un polo autonomo, una vera potenza globale. E questa forza non si trova nelle fredde stanze di Bruxelles o nei corridoi delle istituzioni, ma nel cuore pulsante del Mediterraneo, nelle città portuali, nei mercati che si affacciano sul mare, nelle rotte che uniscono popoli e idee. Se vogliamo costruire un’Europa forte, dobbiamo ripartire da lì. Guardare a Sud, costruire con chi è vicino a noi, creare ricchezza e opportunità. Non si tratta soltanto di una scelta strategica, anche alla luce delle recenti dinamiche geopolitiche, ma di una necessità. Perché il mondo corre veloce, e chi non sceglie di essere protagonista finisce per essere solo una pedina nelle mani degli altri. E l’Europa non può permettersi di essere una pedina.

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