C’è un’Italia che profuma di pane cotto a legna, olio novello e primitivo. È l’Italia che attrae milioni di viaggiatori alla ricerca di esperienze vere, lente, immersive. E al centro di questa rivoluzione turistica c’è la Puglia, terra di masserie, cantine e comunità accoglienti, dove il cibo non è solo nutrimento, ma identità.
Secondo i dati del rapporto sul turismo enogastronomico 2024, quasi il 60% degli italiani ha viaggiato almeno una volta per motivi legati al gusto. In questi ultimi dieci anni la percentuale si è quasi triplicata. Il turismo enogastronomico non è più un segmento di nicchia, ma una delle chiavi di volta per lo sviluppo sostenibile dei territori. E proprio su questi temi si è sviluppato il recente focus promosso dall’Università di Bari, nell’ambito del progetto Prin 2022 Pnrr coordinato dal professore Corrado Crocetta, che ha riunito produttori, operatori, accademici e amministratori per immaginare insieme i prossimi scenari del turismo enogastronomico pugliese. Il tavolo, organizzato dalla professoressa Paola Perchinunno, ha visto la partecipazione di diversi esperti del settore: Graziella Asseliti del Comitato per la valorizzazione dell’arte casearia andriese, Antonio Asselti e Riccardo Lorusso dell’Antica Fattoria Corato, Anna Gennari, pr e hospitality manager, Antonio Ladisa, direttore di Borgo San Barbato Resort Spa & Golf a Lavello, Giuseppe Perla, tour manager di Cantine Paololeo a San Donaci, Vincenzo Pavan dell’agriturismo “Il Pino Grande” di Castel del Monte, l’agronoma Roberta Piccinno, Antonella Rotondo, amministratrice degli Oleifici Rotondo Luigi srl di Monopoli, Giovanni Scianatico, presidente di Agriturist Puglia e numero uno dell’agriturismo Lama San Giorgio Rutigliano, Cesareo Troia, vicepresidente vicario Città dell’Olio e assessore alle Attività produttive del Comune di Andria.
Dobbiamo superare il modello della semplice degustazione e costruire esperienze partecipative. Si deve promuove una esperienza immersiva che oltre all’assaggio preveda la raccolta delle olive, passeggiate tra gli ulivi secolari, lezioni di cucina tradizionale. Il vino? Non solo brindisi, ma percorsi nei vigneti, narrazioni di famiglia, tour tra le cantine.
La Puglia ha un patrimonio agricolo, culturale e paesaggistico senza pari: quattro siti Unesco, 26 parchi naturali, una biodiversità alimentare che varia da borgo a borgo. Ma questo patrimonio va reso accessibile. «Un turista che atterra a Bari impiega anche due ore per arrivare a Castel del Monte», è stato osservato durante la tavola rotonda. Strade dissestate, assenza di collegamenti pubblici, servizi carenti nei centri storici frenano la crescita del settore. C’è poi il tema delle competenze: «Non basta più parlare inglese. Servono professionisti dell’accoglienza rurale, del marketing del gusto, della narrazione del paesaggio». Il dipartimento Dirium dell’Università di Bari ha già attivato corsi ad hoc come la laurea triennale in “Nuovi Turismi” per rispondere queste esigenze.
Anche la tecnologia può dare una mano: realtà aumentata nei frantoi, blockchain per la tracciabilità, app esperienziali e giochi nei borghi. Purché resti centrale la relazione umana. »Un’esperienza è vera – ha ricordato Cesario Troia, vicesindaco del Comune di Andria – solo se c’è passione, empatia e coinvolgimento di tutti i sensi». «Dove c’è rete, c’è futuro», è stato il mantra dell’incontro. Il turismo enogastronomico è molto più di una moda: è una leva concreta per lo sviluppo economico, sociale e culturale dei nostri territori.
Bentornato,
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