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Con le spalle coperte dagli americani, la voce grossa. Ora balbettiamo

L’Ue ricorre al riarmo dei singoli paesi per far fronte ad un ipotetico pericolo rappresentato dalla Russia del Presidente Putin. Si ipotizza lo stanziamento di 800 miliardi per investimenti nella difesa. Ai più sembra quasi che l’Ue stia cercando in tutti i modi di entrare in un conflitto che inizialmente non interessava più di tanto l’Europa, ma che lo si è fatto entrare pian piano nel cuore del vecchio continente.

L’Ucraina non era un paese europeo; noi italiani come altri paesi europei potevamo evitare un’esposizione così marcata a sostegno dell’Ucraina, mentre siamo stati uno dei primi paesi con l’allora ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, a proferire parola contro l’invasore russo, definendo Putin «Peggio di un animale feroce», schierandoci apertamente da una parte ben precisa. Allora, però, noi facevamo la voce grossa come quel bambino che sapendo di essere difeso dal fratello maggiore si permette ogni possibile sproloquio contro l’avversario, ma poi, ad un tratto, il fratello maggiore va via e si trova improvvisamente solo nel pericolo.

In questo momento la parte del fratello maggiore la sta facendo l’America che ha deciso di lasciare sola l’Europa di fronte ad una Russia infuriata per la fornitura di armi che, in nome del principio di difesa di uno stato sovrano aggredito, sono state inviate all’Ucraina. L’Europa, però, non è l’America e si trova improvvisamente costretta a fronteggiare un pericolo più grande di lei. L’Europa è in terribile ritardo sugli armamenti, sull’esercito comune, su un coordinamento militare tra paesi molto diversi tra loro e con esigenze diverse.

Ognuno di essi sta procedendo in autonomia: l’Ungheria non ha mai accettato di inviare armi all’Ucraina, mantenendo una linea prudente; la Polonia, paese più prossimo alla Russia, con il suo primo ministro Donald Tusk, ha deciso di mobilitare e addestrare tutti i cittadini maschi adulti e di formare l’esercito più grande d’Europa con mezzo milione di soldati; i Paesi Baltici, meno estesi dell’Ucraina si sentono vulnerabili e, da quando è iniziata l’operazione Russa, sentono di essere candidati come prossimo obiettivo per un’espansione a ovest del Cremlino, per questo hanno deciso di riarmarsi in linea con quanto deciso dalla Polonia; in Romania le elezioni del prossimo maggio hanno visto escluso il candidato presidente Georgescu, filo russo e ultra nazionalista, favorito alle presidenziali; la Germania, nonostante la flessione del Pil ha deciso di investire in nuove tecnologie per far fronte ai nuovi pericoli russi; la Francia di Macron vuole accentrare la scena politica garantendo lo scudo nucleare a tutta l’Europa e ipotizzando l’invio di truppe direttamente sul campo di battaglia; la Gran Bretagna ha ipotizzato, come la Francia, la possibilità dell’invio di truppe confermando l’appoggio all’Ucraina.

L’Italia, invece, continua a mantenere un atteggiamento bilaterale, rievocando analogie con il 1914, quando decise di non schierarsi al fianco della Triplice Alleanza di Germania, Austria, per aprire le trattative con la Triplice Intesa, trattative che poi porteranno al famoso Patto di Londra che vedrà il nostro paese al fianco di Inghilterra, Francia e Russia contro l’asse degli imperi centrali.

Nonostante non ci sia il pericolo prossimo per un attacco russo all’Europa, quest’ultima ha voluto giocare d’anticipo stimolando una corsa agli armamenti senza precedenti, anche a costo di sforare il rapporto deficit/Pil. Ma la storia non ci viene d’aiuto. Ogni attacco contro non ha portato a buoni esiti, non lo è stato per la Francia napoleonica e non lo è stato per la Germania hitleriana. Basterebbe solo questo per far desistere i paesi occidentali a muoversi verso a direzione del conflitto diretto con Mosca.

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