Gaza atto undicesimo. Nel bene e nel male, la storia la fanno gli uomini. In queste giornate di fine luglio ci sono state molte prese di posizione: vedrò di raccontarvi le più significative. Gustavo Petro è l’attuale presidente della Colombia. Nel 2018 la Colombia era entrata nella Nato, non un fatto di poco conto nello scenario sud-americano: possiamo definirla una decisione disallineata rispetto alle politiche di quell’area geografica. E infatti la Colombia era l’unico partner globale latinoamericano degli Stati Uniti d’America. Bene, Gustavo Petro ha appena annunciato che la Colombia uscirà dalla Nato. Ecco le sue parole: «Cosa ci facciamo noi nella Nato? Come possiamo stare con eserciti che lanciano bombe sui bambini? Non sono eserciti della libertà, ma dell’oscurità». A sentire queste parole viene naturale chiedersi: cosa ci facciamo noi nella Nato? Giorgia, vuoi provare a spiegarcelo una volta tanto? Sappiamo per certo, che per rimanere all’interno della “North Atlantic Treaty Organization,” il presidente Donald Trump, ci ha imposto di destinare il 5% del nostro Pil alle spese militari e infrastrutturali per mantenerla.
A questa percentuale devono attenersi tutti i 30 Paesi europei che aderiscono alla Nato, praticamente una montagna di miliardi di euro in armamenti per la felicità di quella incapace della von der Leyen. Giusto perché abbiate una idea del bilancio del nostro Stato, noi dedichiamo al nostro sistema Difesa (quindi stipendi di carabinieri, poliziotti, finanzieri, militari dell’esercito e quant’altro), l’1,6% del nostro Pil e alla Giustizia lo 0,5% (e poi ci chiediamo perché non funziona); alla pubblica istruzione, compresa l’Università, il 4%; alla ricerca e allo sviluppo l’1,45%. A me pare che con questi numeri, impegnarsi a dare il 5% in spese per armamenti sia una cosa folle. Che nel dna americano le guerre occupino lo spazio principale è pacifico, ma che noi li si debba seguire nel loro delirio di onnipotenza mi sembra una follia. Anche perché credo che, anziché trattarci da alleati, ci trattano da nemici. Non vedo quale altra spiegazione si possa dare alla politica trumpiana dei dazi: con la stessa logica del loro sistema finanziario, prima incassano e poi ti spennano con tassi usurai.
A noi i soldi dovrebbero servire per far aumentare il benessere sociale, per studiare, per la ricerca, per il wellfare, per le infrastrutture e per molto altro, non per costruire bombe che uccideranno altre donne, vecchi e bambini. Basta finanziare le industrie degli armamenti che corrompono e influenzano, queste nuove politiche di barbarie che stanno minacciando il mondo intero. Comincio ad avere seri dubbi sulle capacità cognitive di chi ci governa. Siamo sicuri che siano capaci di “intendere e di volere”? No, perché di fronte a uno sterminio, a una pulizia etnica, a un genocidio documentato giornalmente in diretta, sentirli balbettare con sterili quanto inutili moniti a «fare entrare gli aiuti umanitari a Gaza o a sospendere i bombardamenti e a non sparare sulla popolazione civile» e verificare che ogni giorno di più, la barbarie, la crudeltà, anziché diminuire aumenta, e continuare a ripetere gli stessi inutili ritornelli, a me sembra il segno di una imbecillità infinita. Che questo governo americano sia l’azionista di maggioranza di questo genocidio, ce lo certifica il segretario di Stato Marco Rubio, quando annuncia al mondo intero, che non verranno più concessi visti di ingresso negli Stati Uniti a quanti sostengono i palestinesi e condannano Israele. Come noi del vecchio continente, noi delle nostre millenarie culture, noi delle nostre conquiste di libertà, di giustizia, di uguaglianza, di solidarietà si possa condividere la nostra storia con questi bulletti da avanspettacolo è cosa che non riesco a capire e che mi rifiuto di accettare.
Il presidente Sergio Mattarella, alla cerimonia del Ventaglio, ha avuto un sussulto di umanità e ha detto, in modo chiaro, a Israele che la sua narrazione è brutalmente sbugiardata dall’evidenza dei fatti. Il primo ministro inglese Keith Starmer annuncia che l’Inghilterra riconoscerà lo Stato di Palestina. Il segretario di Stato del Vaticano, cardinale Pietro Parolin, nel ricordare che la Chiesa ha già da tempo riconosciuto lo Stato di Palestina, ammonisce che non è mai troppo tardi per farlo. Alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni saranno fischiate le orecchie: lei, maestra di ignavia, aveva appena fatto sapere che era prematuro riconoscere lo Stato di Palestina. Alla fine, la cosa che emerge in modo lampante e della quale, faremmo bene a conservarne memoria e che, se si mettono certe persone alla guida del Paese si finisce per rovinare e offendere la Storia, di quanti lo hanno reso grande.
Bentornato,
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