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Anche perdersi ha un valore formativo: lo dice il mito

Nella nostra cultura così lineare, consequenziale e povera di simboli, l’idea di “perdersi” è considerata negativa. La confusione e la mancanza di direzione ci spaventano. Eppure, il mondo antico conosceva molto bene il valore formativo dello smarrimento. A questo proposito il mito tramanda la storia di una ragazza bella, bellissima. Ha gli occhi pieni di fiore, e i fiori, si sa, non hanno paura.

È primavera, perché è sempre primavera quando non si sa cos’è l’inverno. Ma la sua primavera sta per finire, perché la terra si apre e un uomo la rapisce. Ma non si tratta semplicemente di un uomo, ma di un dio, di Ade. E Ade non è solo il dio degli inferi, ma è anche l’archetipo del buio, del non detto, di quello che la vita non ti insegna, della perdita, del lutto, del dolore. E quella ragazza bella, bellissima con gli occhi pieni di fiori, improvvisamente perde il sorriso, conosce la paura, attraversa il buio e “Kore”, in greco semplicemente fanciulla, diventa Persefone, la regina del mondo ctonio, dove non ci sono fiori che non hanno paura ma solo tristi asfodeli.

Dove non c’è la primavera ma solo domande senza risposte, dove le anime perdono la memoria del tempo e diventano ombre che vagano. E il mito ci racconta la storia di questa trasformazione, il cambiamento di chi impara a perdersi per potersi ritrovare. Questa la grande attualità dei racconti antichi, che ancora ci parlano mentre ci sentiamo smarriti, quando percepiamo la nostra solitudine, avvinghiati nella morsa di un lutto, di una separazione, di un “non so più chi sono”, perché proprio mentre scendiamo nella nostra parte più oscura, nell’ombra, nel nostro inferno, è proprio lì che può nascere qualcosa. Persefone diventa regina solo dopo essere stata nel buio, ma noi il buio lo evitiamo, ne abbiamo paura.

Dobbiamo comprendere, giudicare, scegliere, ma la vera trasformazione interiore avviene quando ci si affida, quando non si usa la mente, ma il cuore, quando ci arrendiamo ed ascoltiamo le parole del silenzio. Il dolore non è mai un errore, ma solo un passaggio, un rito alchemico che ci conduce in un altrove che abita il nostro profondo.

Pensiamo al seme che nella solitudine e nel silenzio del buio della terra riesce a trovare la forza per abbandonare se stesso e trasformarsi in fiore e lo fa senza sforzo, senza sapere come, perché tutto ciò di cui ha bisogno è proprio dentro di sé, nei labirinti misteriosi dell’Anima.

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