La Legge 30 dicembre 2023 n. 213 (Legge di Bilancio 2024) ha introdotto, tra le altre, una misura in favore delle lavoratrici madri, che si pone l’obiettivo di fornire il sostegno necessario per conciliare le aspettative di vita familiare con le ambizioni lavorative. Lo strumento in parola trova applicazione con due diverse modalità disciplinate, rispettivamente, nei commi 180 e 181 dell’art. 1 della Legge di Bilancio; la prima con scadenza 31 dicembre 2026, la seconda a carattere sperimentale e limitatamente all’anno in corso. Il primo meccanismo, il cd. Bonus mamme, consiste nell’esonero totale della quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico delle lavoratrici madri di tre o più figli, titolari di rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, sia full-time che part-time, ad esclusione dei rapporti di lavoro domestico.
Tale misura si applica ai periodi di paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026, fino al mese di compimento del diciottesimo anno di età del figlio più piccolo e nel limite massimo annuo di 3.000 euro riparametrato su base mensile. In via eccezionale, per i periodi di paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2024, è riconosciuto un esonero, senza effetti sul rateo di tredicesima, sulla quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico del lavoratore di 6 punti percentuali, a condizione che la retribuzione imponibile, parametrata su base mensile per tredici mensilità, non ecceda l’importo mensile di 2.692 euro, al netto del rateo di tredicesima.
Il secondo meccanismo è riconosciuto, “in via sperimentale”, limitatamente ai periodi di paga dal 1° gennaio al 31 dicembre 2024, in favore delle lavoratrici madri di due figli e fino al compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo.
In linea generale, il bonus spetta solamente alle donne con due o più figli a carico, siano esse lavoratrici dipendenti del pubblico o del privato, assunte con un rapporto a tempo indeterminato, già instaurato ovvero in via di instaurazione, anche con contratti di somministrazione a tempo indeterminato o di apprendistato.
La circolare n. 27/2024 dell’Inps precisa, con riferimento all’eventuale regime di cumulo con altre riduzioni sulla quota contributiva a carico del lavoratore, che il Bonus mamme risulta strutturalmente alternativo all’esonero della quota dei contributi previdenziali a carico del lavoratore previsto dall’art. 1 della Legge di Bilancio 2024 (cd. “taglio del cuneo contributivo”). Ne consegue che per le madri che già beneficiavano di detto ultimo sgravio, l’aumento economico è pari a circa il 2,5% (mediamente 30,00/50,00 euro).
Con la medesima circolare l’Inps ha, altresì, fornito le istruzioni operative e contabili per usufruire dell’esonero, chiarendo che il possesso dei requisiti (nascita del secondo figlio o di ulteriore figlio) deve essere integrato alla data del 31 gennaio 2024 e si intende perfezionato al momento della nascita.
Dal punto di vista operativo, le lavoratrici sono al momento invitate a comunicare al proprio datore di lavoro la volontà di avvalersi di una delle due modalità di esonero, fornendo l’indicazione del numero di figli e dei rispettivi codici fiscali. A tutela della riservatezza dei dati, a breve l’Istituto renderà disponibile un applicativo ad hoc per le lavoratrici che intenderanno comunicare direttamente allo stesso i codici fiscali dei propri figli. In entrambi i casi, la mancata comunicazione dei suddetti codici da parte del datore di lavoro nelle denunce contributive o, in alternativa, da parte della lavoratrice mediante l’apposito applicativo, comporta la revoca del beneficio fruito. L’indicazione dei codici consentirà all’Istituto, in collaborazione con gli Enti preposti alla detenzione e al trattamento delle informazioni riguardanti la genitorialità o l’affido, di effettuare i controlli di coerenza con quanto dichiarato e, qualora i dati dichiarati dovessero risultare non veritieri, di provvedere tempestivamente al disconoscimento dell’esonero contributivo.
La misura in parola è compatibile anche con altri rapporti di lavoro, nel senso che il medesimo beneficio può essere accordato con riferimento a ciascun rapporto in essere e, quindi, riconosciuto da più datori di lavoro, al ricorrerne delle condizioni, in ipotesi di contratti contemporanei tra loro, nonché con le altre forme di incentivi e agevolazioni laddove riconosciuti nei confronti dei datori di lavoro.
Questo tipo di sostegno è sicuramente apprezzabile nella misura in cui dimostra uno sforzo dello Stato in favore della genitorialità e al tempo stesso un incentivo alle legittime aspirazioni di un impegno lavorativo. Si può immaginare che esigenze di bilancio abbiano richiesto di circoscrivere la platea di beneficiari secondo i meccanismi applicativi prima descritti, lasciando inevitabilmente indietro tutte quelle lavoratrici madri di un solo figlio che pur avrebbero necessità di tutela.
Giada Di Raimondo è avvocata dello Studio Legale Associato Longo & Barelli